sabato 14 aprile 2012

Lombardi: sul sequestro di Emanuela Orlandi il Vaticano non ha nascosto nulla ma ha collaborato con impegno e trasparenza con le autorità italiane

Da diverso tempo la vicenda del sequestro di Emanuela Orlandi, avvenuto nel 1983, è tornata in primo piano sulle pagine di molti quotidiani italiani. In risposta alle affermazioni della stampa, è stata pubblicata questa mattina una nota del direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi. "È giusto ricordare anzitutto - si afferma - che il Papa Giovanni Paolo II in persona si dimostrò particolarmente coinvolto dal tragico sequestro, tanto che intervenne diverse volte (ben otto in meno di un anno!) pubblicamente con appelli per la liberazione di Emanuela, si recò personalmente a visitare la famiglia, si interessò perché fosse garantito un posto di lavoro per il fratello Pietro. A questo impegno personale del Papa è naturale che corrispondesse l'impegno dei suoi collaboratori". Così come "il card. Agostino Casaroli, Segretario di Stato e quindi primo collaboratore del Papa, seguì personalmente la vicenda, tanto che, com'è noto, si mise a disposizione per i contatti con i rapitori con una linea telefonica particolare". "Come ha attestato già in passato e attesta tuttora il cardinale Giovanni Battista Re - allora Assessore della Segreteria di Stato e oggi principale e più autorevole testimone di quel tempo -, non solo la Segreteria di Stato stessa, ma anche il Governatorato - aggiunge padre Lombardi - furono impegnati nel fare tutto il possibile per contribuire ad affrontare la dolorosa situazione con la necessaria collaborazione con le Autorità italiane inquirenti, a cui spettava evidentemente la competenza e la responsabilità delle indagini, essendo il sequestro avvenuto in Italia". Padre Lombardi ha rivendicato che "la piena disponibilità alla collaborazione da parte delle personalità vaticane che a quel tempo occupavano posizioni di responsabilità, risulta da fatti e circostanze". "Solo per fare un esempio - dice - gli inquirenti (e soprattutto il Sisde) avevano avuto accesso al centralino vaticano per possibile ascolto di chiamate dei rapitori, e anche in seguito in alcune occasioni Autorità vaticane ricorsero alla collaborazione con Autorità italiane per smascherare ignobili forme di truffa da parte di presunti informatori". Il portavoce vaticano richiama documenti dell'epoca a conferma della collaborazione, evidenziando che "tutte le lettere e le segnalazioni pervenute in Vaticano furono prontamente girate al Dott. Domenico Sica e all'Ispettorato di P.S. presso il Vaticano", che "si presume che siano custodite presso i competenti uffici giudiziari italiani". E "anche nella seconda fase dell'inchiesta - anni dopo - le tre rogatorie indirizzate alle Autorità vaticane dagli inquirenti italiani trovarono risposta". "I relativi fascicoli esistono tuttora e continuano a essere a disposizione degli inquirenti. È anche da rilevare che all'epoca del sequestro di Emanuela, le Autorità vaticane, in spirito di vera collaborazione, concessero agli inquirenti italiani ed al Sisde l'autorizzazione a tenere sotto controllo il telefono vaticano della famiglia Orlandi e ad accedere liberamente in Vaticano per recarsi presso l'abitazione degli stessi Orlandi, senza alcuna mediazione di funzionari vaticani". "E' prassi costante della Santa Sede di rispondere alle rogatorie internazionali, ed è ingiusto affermare il contrario (come si è fatto ancora recentemente a proposito di una rogatoria sullo Ior, che in realtà non è mai stata trasmessa alla Segreteria di Stato, come confermato ufficialmente dalle competenti Autorità diplomatiche italiane)", precisa ancora Lombardi chiarendo: "Il fatto che alle deposizioni in questione non fosse presente un magistrato italiano, ma che si fosse richiesto alla parte italiana di formulare con precisione le questioni da porre, fa parte della prassi ordinaria internazionale nella cooperazione giudiziaria e non deve quindi stupire, né tantomeno insospettire" "La sostanza della questione - sottolinea ancora - è che purtroppo non si ebbe in Vaticano alcun elemento concreto utile per la soluzione del caso da fornire agli inquirenti. A quel tempo le Autorità vaticane, in base ai messaggi ricevuti che facevano riferimento ad Ali Agca - che, come periodo, coincisero praticamente con l'istruttoria sull'attentato al Papa - condivisero l'opinione prevalente che il sequestro fosse utilizzato da una oscura organizzazione criminale per inviare messaggi od operare pressioni in rapporto alla carcerazione e agli interrogatori dell'attentatore del Papa". "Tutte le Autorità vaticane - sottolinea padre Lombardi - hanno collaborato con impegno e trasparenza con le Autorità italiane per affrontare la situazione del sequestro nella prima fase e, poi, anche nelle indagini successive. Non risulta che sia stato nascosto nulla, né che vi siano in Vaticano 'segreti' da rivelare sul tema. Continuare ad affermarlo è del tutto ingiustificato, anche perché, lo si ribadisce ancora una volta, tutto il materiale pervenuto in Vaticano è stato consegnato, a suo tempo, al pm inquirente e alle autorità di Polizia; inoltre, il Sisde, la Questura di Roma ed i Carabinieri ebbero accesso diretto alla famiglia Orlandi e alla documentazione utile alle indagini. Se le Autorità inquirenti italiane - nel quadro dell'inchiesta tuttora in corso - crederanno utile o necessario presentare nuove rogatorie alle Autorità vaticane, possono farlo, in qualunque momento, secondo la prassi abituale e troveranno, come sempre, la collaborazione appropriata". Poiché la collocazione della tomba di Enrico 'Renatino' De Pedis, boss della banda della Magliana, presso la Basilica dell'Apollinare "ha continuato e continua ad essere motivo di interrogativi e discussioni - anche a prescindere dal suo eventuale rapporto con la vicenda del sequestro Orlandi - si ribadisce che da parte ecclesiastica non si frappone nessun ostacolo a che la tomba sia ispezionata e che la salma sia tumulata altrove, perché si ristabilisca la giusta serenità, rispondente alla natura di un ambiente sacro". "Per terminare, vorremmo riprendere spunto e ispirazione - conclude il portavoce vaticano nella lunga nota - dall'intensa partecipazione personale di Giovanni Paolo II alla tragica vicenda della giovane e alla sofferenza della sua famiglia, rimasta finora nell'oscurità sulla sorte di Emanuela. Ancor più perché questa sofferenza purtroppo si ravviva al sorgere di ogni nuova pista di spiegazione, finora senza esito. Se le persone che scompaiono ogni anno in Italia e di cui non si sa più nulla nonostante le inchieste e le ricerche sono purtroppo numerose, la vicenda di questa giovane cittadina vaticana innocente scomparsa continua a tornare sotto i riflettori. Non sia questo un motivo per scaricare sul Vaticano colpe che non ha, ma sia piuttosto occasione per rendersi conto della realtà terribile e spesso dimenticata che è costituita dalla scomparsa delle persone - in particolare di quelle più giovani - e opporsi, da parte di tutti e con tutte le forze, ad ogni attività criminosa che ne sia causa".

TMNews

NOTA DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA A PROPOSITO DI RECENTI AFFERMAZIONI NELLA STAMPA ITALIANA SUL VATICANO E IL SEQUESTRO ORLANDI