giovedì 21 giugno 2012

Herranz, un inquisitore di provata esperienza. Anni fa fu anche lui derubato di carte riservate sull'Opus Dei, passate alla stampa per danneggiarla

Sono tre cardinali, hanno più di ottant’anni, sono arzilli ma riservati, conoscono bene la Roma curiale, e si chiamano Julián Herranz (nella foto con Benedetto XVI), Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi. È a loro che Benedetto XVI ha affidato il compito di venire a capo della fuga di documenti riservati che ha colpito il Vaticano negli ultimi mesi. nIl loro lavoro procede parallelamente all’inchiesta giudiziaria formalmente in corso nello Stato della Città del vaticano e che vede finora inquisito, e in custodia cautelare, solo il maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, imputato, al momento, di furto aggravato. La commissione ha comunque una missione e uno spazio di manovra più ampio rispetto alla magistratura vaticana. Ed è composta da tre cardinali perché così ha la libertà di poter interrogare, eventualmente, anche i loro pari. La commissione era stata annunciata lo scorso 16 marzo in un'intervista del sostituto della segreteria di Stato, l’arcivescovo Angelo Becciu, al L'Osservatore Romano siglata dal direttore Giovanni Maria Vian: "La Segreteria di Stato ha disposto un'accurata indagine che riguarda tutti gli organismi della Santa Sede: a livello penale condotta dal promotore di giustizia del tribunale vaticano e a livello amministrativo svolta dalla stessa segreteria di Stato, mentre una superiore commissione è stata incaricata dal Papa di fare luce sull'intera vicenda". Una notificazione della Segreteria di Stato resa nota il 25 aprile scorso dalla sala stampa della Santa Sede informava poi che "a seguito della recente divulgazione in televisione, sui giornali ed in altri mezzi di comunicazione di documenti coperti dal segreto d'ufficio, il Santo Padre ha disposto la costituzione di una commissione cardinalizia, per un'indagine autorevole che faccia piena luce su tali episodi". "Sua Santità – continuava il testo – ha chiamato a far parte della suddetta commissione cardinalizia, che agirà in forza del mandato pontificio a tutti i livelli, i cardinali Julián Herranz, il quale è stato designato a presiederla, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi. La commissione cardinalizia si è insediata il 24 aprile corrente per stabilire metodo e calendario dei lavori". Dei tre cardinali due hanno una lunga esperienza nella Curia romana: lo slovacco Tomko, 88 anni compiuti l’11 marzo, è stato segretario generale del Sinodo dei vescovi dal 1979 al 1985 quando divenne prefetto di "Propaganda fide" dove è rimasto fino al 2001; lo spagnolo Herranz, 82 anni compiuti il 31 marzo, è stato dal 1983 segretario e dal 1994 al 2007 presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi; mentre De Giorgi, che compirà 82 anni il 6 settembre, da quando ha lasciato la guida della diocesi di Palermo, alla fine del 2006, si è stabilito a Roma dove ha continuato a collaborare con vari dicasteri fino al compimento degli 80 anni. Il Papa li ha ricevuti collegialmente sabato 16 giugno, ma il presidente della commissione, è trapelato, aveva già avuto modo di riferire al Pontefice. E lunedì 18 giugno padre Federico Lombardi, dopo aver ricordato che la commissione ha il mandato pontificio di effettuare audizioni a tutto campo e senza alcun pregiudizio, ha rivelato che, al momento, ha compiuto in media tra quattro e cinque audizioni a settimana, ascoltando in tutto 23 persone, compreso lo stesso Gabriele. Si tratta, ha spiegato padre Lombardi, di superiori e impiegati in Vaticano, chierici e laici, nonché altre persone non impiegate in Vaticano. Nell’occasione padre Lombardi ha smentito categoricamente un articolo di un quotidiano italiano secondo cui dagli interrogatori svolti sarebbero emersi i nomi di mandanti e complici. La smentita di Lombardi non è stata la prima e non sarà l’ultima sui lavori della commissione. E in effetti, aldilà delle notizie riportate dal portavoce vaticano, nulla di realmente attendibile è trapelato sinora dal lavoro dei tre porporati, scelti verosimilmente anche per loro scarsa loquacità. Del presidente della commissione, il card. Herranz, è nota da tempo la proverbiale riservatezza. Una riservatezza che però non gli ha impedito di scrivere, alcuni anni fa, un libro di memorie che, pur non violando alcun segreto, offre numerose informazioni inedite e curiose. Si tratta del volume “Nei dintorni di Gerico”, di 480 pagine, stampato dalle edizioni Ares, dell'area dell’Opus Dei, nel gennaio del 2006, due anni dopo che Giovanni Paolo II aveva creato Herranz cardinale consentendogli così di partecipare al conclave che ha eletto Benedetto XVI. In effetti Herranz fa parte dell’Opus Dei dal 1949, già prima di laurearsi in medicina con specializzazione in psichiatria. Ordinato sacerdote nel 1955, si è laureato in diritto canonico e dal 1960 risiede a Roma, dove è vissuto per 22 anni a fianco del fondatore Josemaria Escrivá, canonizzato il 6 ottobre 2002, e per 27 anni al servizio di Papa Wojtyla. Così il libro ha come sottotitolo “Ricordi degli anni con San Josemaria e con Giovanni Paolo II” (all’epoca non ancora Beato). In alcuni articoli o libri Herranz viene indicato anche con il secondo cognome, e cioè Herranz Casado. In realtà sono ormai anni che nelle pubblicazioni ufficiali, a partire dall'Annuario Pontificio del 1995, e anche nel libro di cui si è detto, il secondo cognome è sparito. In perfetta sintonia con quanto successo col Santo fondatore che ormai l’Opus Dei chiama semplicemente Escrivá, omettendo il de Balaguer. Il libro contiene una miriade di spunti curiosi. Almeno due sono anche di grande attualità rispetto al fenomeno "Vatileaks" e ai dibattiti che ne sono derivati. Nelle settimane passate, infatti, si era tornato a parlare, a livello giornalistico, della possibilità, attualmente remota, o dell’opportunità che Benedetto XVI potesse rassegnare le dimissioni secondo le norme previste dal diritto canonico. Herranz racconta come alla fine del Pontificato wojtyliano sia stato interpellato circa la questione delle dimissioni e nel libro riporta il contenuto di un appunto personale redatto il 17 dicembre 2004 "dopo una conversazione" con l’arcivescovo Stanislaw Dziwisz, all’epoca segretario del Papa e oggi cardinale di Cracovia. Rivela Herranz alle pagine 451-452 del libro: "Quanto all’eventualità di rinunciare per motivi di salute scrissi in quell’appunto – e adesso mi sembra opportuno farlo conoscere, come esempio dell’obbedienza e della prudenza eroiche di Giovanni Paolo II: 'Si è limitato (don Stanislao) a commentare che il Papa – che personalmente è molto distaccato dalla carica – vive abbandonato alla volontà di Dio. Si affida alla divina Provvidenza. Inoltre, teme di creare un pericoloso precedente per i suoi successori, perché qualcuno potrebbe rimanere esposto a manovre e sottili pressioni da parte di chi desiderasse deporlo'". Riguardo poi la fuga di documenti riservati Herranz mostra nel suo libro che "Vatileaks" non è una novità nelle cronache romane, anche se non nelle dimensioni massicce registrate ora. Alle pagine 300-301 racconta come nell’estate del 1979 "il materiale informativo sulla trasformazione dell’Opus Dei in prelatura personale e la lettera che lo completava", inviati dall’Opus al card. Sebastiano Baggio "e oggetti di studio riservato nella Santa sede, erano stati inviati da qualcuno – persona o istituzione – a vescovi e alla stampa di diversi paesi del mondo, presentandoli in modo parziale e tendenzioso". In nota a tale brano Herranz aggiunge sibillino: "In queste pagine di ricordi non voglio fornire alcun altro dato su questo punto, seguendo i consigli che ci diede il Padre [Escrivá, ndr] in una 'tertulia', il 14 giugno 1972". E cioè: "Fin da principio, nei primi anni, ho preso le opportune misure perché nessuno serbasse rancore o guardasse con poca simpatia certe entità che, in modo organizzato, ci hanno fatto soffrire molto, in silenzio. Nell’Opus Dei ci sforziamo di non mancare di carità con nessuno. Ho sempre pregato il Signore, con tutte le fibre della mia anima, usando una frase dura: di non essere il boia di nessuna persona, di nessuna iniziativa che si muove o nasce per servire Dio. Sappiamo scusare. Perdonare. Siamo una affermazione: ciò che è negativo non ci piace". Difficile pensare che il card. Herranz, nel nuovo incarico di capo della commissione cardinalizia di inchiesta su una fuga di documenti ben maggiore di quella da lui registrata trent’anni fa, abbia dimenticato la "tertulia" del suo San Josemaria.

Sandro Magister, www. chiesa