La Giornata Mondiale delle Claustrali ha molto a che fare con l’Anno della fede indetto da Benedetto XVI. Le vite di donne provenienti da paesi e culture diverse, anche professioniste che rinunciano alla carriera per ritirarsi in monastero e dedicarsi totalmente a Dio nella solitudine e nella preghiera, nel tempo delle agenzie di rating sono una proposta inconsueta di vita alternativa.
Sono donne liberate dalle sirene dell’efficientismo produttivo e dal fascino di modelli privi di orizzonti spirituali. Privilegiano il silenzio anziché lo strepito e il frastuono e così vivendo, per i cristiani restano un richiamo palese di riflessione sulla qualità della fede professata e per i non credenti sono un invito a porsi domande su Dio: il medesimo che attira così fortemente giovani vite, consacrate perché in cerca di un amore appagante.
Nello stesso tempo le donne in clausura per amor di Dio, mentre stimolano la fede cristiana, a loro volta sono chiamate a rispondere ogni giorno in modo coerente alle esigenze della loro consacrazione. Anche a queste donne straordinarie il Vangelo rivolge ogni giorno la domanda rivolta da Gesù ai discepoli: "Chi dite voi che io sia?". Il segreto della fedeltà agli impegni di povertà, castità, obbedienza che caratterizzano la vita e la preghiera monastica sta anzitutto nella risposta di ciascuna donna consacrata a questa domanda di Cristo. Nella misura in cui la fede in Gesù è vissuta con amore, si hanno buoni motivi di fedeltà alla vocazione monastica. Se viene meno l’amore, sia nella vita cristiana che nella consacrazione totale a Dio, viene meno anche la fede.
La fede e l’amore per scegliere il monastero si alimentano con la preghiera. È proprio della vita monastica pregare sempre. Non è un caso che le donne consacrate siano chiamate e conosciute come oranti e trascorrono gran parte della vita pregando. La vita di preghiera non è una vita di lavativi e un po’ fannulloni. Pregare è un intrattenersi a colloquio con una persona amata. Finché resiste l’amore, pregare ha un senso e aiuta a vivere coerentemente con l’amore. Progredire nell’amore anziché regredire non è una cosa scontata né facile. Sono coinvolte tutte le energie della persona. Nel monastero c’è in agguato la stanchezza per una vita apparentemente piatta e ripetitiva che concorre ad attenuare la fede o l’amore.
Ci sono due sante carmelitane di nome Teresa che hanno ben raccontato il loro percorso di vita consacrata e le fatiche superate per giungere a un rapporto vitale e costante con Dio. Teresa d’Avila e Teresa di Lisieux, donne sante e maestre della vita spirituale tanto da essere dichiarate dottore della Chiesa, hanno vissuto l’esperienza mistica raccontata nei loro scritti.
In definitiva la vita claustrale richiede molto amore. Si regge sull’amore. Nel mondo non ce n’è mai abbastanza. Perciò questi luoghi di preghiera, a detta dei Papi, restano essenziali per la Chiesa che vi attinge risorse spirituali per una fedele testimonianza.
Carlo Di Cicco, L'Osservatore Romano
Carlo Di Cicco, L'Osservatore Romano