venerdì 15 maggio 2009
Il direttore de 'L'Osservatore Romano': il Papa amico degli israeliani e dei palestinesi, il senso politico del viaggio in Terra Santa
"Amico degli israeliani e amico dei palestinesi. Chi volesse riassumere in una sola espressione il senso politico del viaggio del Papa in Terra Santa può senz'altro riprendere le parole da lui stesso usate nel congedarsi dal Paese intravisto da Mosè morente sul monte Nebo, dai luoghi dei profeti e di Giovanni Battista, dalle strade percorse da Gesù, dalla Giudea alla Galilea e nella città santa di Gerusalemme. Luoghi santi dove Benedetto XVI, come successore di Pietro e vescovo di Roma, è tornato in pellegrinaggio per ripetere, a nome della Chiesa cattolica, parole di pace trasparenti e univoche. Anche se - forse proprio per la loro chiarezza che disturba quanti non cercano la convivenza - alcuni non le hanno volute capire, tentando polemiche infondate che non meritano attenzione. Tanto più quando si vogliono impartire lezioni che non hanno ragione di essere.". Lo sottolinea oggi un articolo de L'Osservatore Romano di bilancio del pellegrinaggio del Pontefice in Terra Santa, a firma del direttore Giovanni Maria Vian "Israeliano e palestinese, dunque, si è dichiarato il Papa tedesco. Con una sintesi forte che richiama alla memoria la celebre frase di John Kennedy, il presidente statunitense definitosi, quasi mezzo secolo fa nella Berlino divisa, un berlinese. In questo modo Benedetto XVI - si legge - ha voluto sottolineare la volontà di amicizia verso tutti i popoli della regione, sulla quale da decenni gravano le tenebre della violenza e della divisione, della guerra e della diffidenza. Il successore del pescatore non ha armi né potere, ma confida nella parola di Cristo, nell'autorità morale delle religioni e nella ragione umana, e con questa fiducia ha incontrato diversi leader politici per sostenere quanti - e ce ne sono - operano davvero per superare la logica dei muri e gettare ponti di comprensione. Con l'obiettivo di giungere a una pace fondata sulla giustizia e sulla sicurezza per tutti, nel rifiuto del terrorismo e della violenza". "Se questo è il chiarissimo significato politico del viaggio papale - prosegue il direttore del quotidiano vaticano - non bisogna dimenticare il rinnovato intento di amicizia verso il mondo islamico e la conferma della volontà di una profonda intesa con l'ebraismo. Importanti per questo sono stati gli incontri ad Amman, Betania, Gerusalemme, Nazaret, l'onore reso - sulle orme dei suoi predecessori - ai sei milioni di ebrei sterminati nella Shoah e la ripetuta inequivocabile condanna di ogni antisemitismo.In Terra Santa Benedetto XVI ha confermato - conclude- l'irrevocabile scelta ecumenica della Chiesa di Roma e rinnovato il sostegno alla minuscola minoranza cattolica di Terra Santa, chiamata nella sofferenza e nelle difficoltà a essere lievito di riconciliazione. Ma tutto nasce da una tomba vuota. Quella dove avevano messo Gesù e verso la quale in una mattina di primavera, quasi venti secoli fa, corsero a perdifiato Giovanni - il più giovane, che arrivò subito e si fermò sulla soglia - e Pietro, che entrò per primo. Come di nuovo ha fatto il suo successore".