L’Africa nella globalizzazione. L’ Instrumentum laboris è in questo senso un documento coraggioso, approfondito, critico. Analizza il contesto africano da un punto di vista religioso, politico, economico e sociale. Colloca l’Africa all’interno di un mondo globalizzato, fatto di interdipendenze che tuttavia tendono ad "emarginare il continente". E se punta il dito contro le "forze internazionali" che "fomentano le guerre per la vendita delle armi, sostengono poteri politici irrispettosi dei diritti umani e dei principi democratici per assicurarsi, come contropartita, dei vantaggi economici", non risparmia neppure coloro che, all’interno del continente, sono spinti da "egoismo, avarizia, corruzione" e "sete di potere", che "provoca il disprezzo di tutte le regole elementari di buon governo, utilizza l’ignoranza dei popoli, manipola le differenze politiche, etniche, tribali e religiose, e istalla la cultura del guerriero come eroe".
Famiglia in primo piano. Sulla base di questa analisi, l’attuale Sinodo si pone nella traiettoria di quello precedente, sia nel riprendere il tema della Chiesa-famiglia di Dio, come modello di evangelizzazione mediante la testimonianza (e "segnalando tra le condizioni di una testimonianza credibile: la riconciliazione, la giustizia e la pace"), sia proponendo piste di risposta ai problemi cruciali a cui l’Africa si trova confrontata oggi. In termini di Chiesa, i compiti da realizzare riguardano la famiglia, la dignità della donna, la missione profetica, l’autosufficienza, le comunicazioni e le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Cresce la società civile. Sul piano socio-politico si sottolinea l’insensibilità di molti leader, ma anche la mancanza di coscienza e di educazione civica dei cittadini. Tuttavia si mette in evidenza, in positivo, anche la presenza di una società civile attiva, che "si fa sempre più visibile nella lotta per i diritti umani; uomini e donne in politica si mostrano assetati della rinascita del continente in ogni ambito". In campo socio-economico il documento prende atto della "volontà di creare ricchezza per ridurre la povertà e la miseria, e migliorare la salute delle popolazioni"; ma non tace il "malfunzionamento delle istituzioni statali che dovrebbero accompagnare gli attori economici", e i "programmi di ristrutturazione delle economie africane, proposti dalle istituzioni finanziarie internazionali", il cui esito è definito addirittura "funesto". Infine non si tace il ruolo nefasto giocato da alcune tradizioni: la stregoneria, ad esempio, che "lacera le società dei villaggi e delle città", ma anche la violazione della dignità e dei diritti della donna, "in nome della cultura o della tradizione ancestrale".
Chiesa, no ai conflitti etnici. Il documento di lavoro del Sinodo è severo anche nei giudizi che riguardano la Chiesa stessa. Una Chiesa che in alcuni casi è segnata da "divisioni etniche o tribali, regionali o nazionali e atteggiamenti e intenzioni xenofobi", ma anche da "situazioni di discordia" e "prese di posizione di alcuni vescovi in favore di un determinato partito politico". Si auspica che i "vescovi seguano criteri oggettivi e non etnici" nella scelta dei futuri sacerdoti e delle persone consacrate. Si ribadisce anche quella che è una debolezza di sempre: il non adeguato coinvolgimento dei laici, che "non sono pienamente integrati nelle strutture di responsabilità della Chiesa e nella progettazione del suo programma pastorale".
Dialogo tra i credenti. Si affronta anche la questione della dignità delle donna, del dialogo islamo-cristiano e di quello con la religione tradizionale africana, e dell’ecumenismo. Il tutto in una prospettiva di promozione, a tutti i livelli – ecclesiale, sociale, politico ed economico -, della giustizia, della pace e della riconciliazione, che sono i temi di fondo che guideranno i lavori del Sinodo.
Anna Pozzi, Avvenire