Erano oltre 70 mila i giovani della diocesi di Roma, delle diocesi del Lazio e da 43 diocesi d’Italia che ieri sera hanno riempito Piazza San Pietro per una serata di preghiera, riflessioni e testimonianze e per l'incontro con Papa Benedetto XVI, per celebrare i 25 anni della Giornata Mondiale della Gioventù. Lo hanno aspettato per un’ora e mezza, colorando Piazza San Pietro con i loro cappellini bianchi e i fazzoletti gialli, che agitavano senza sosta. Ma è bastato che la Papamobile che accompagnava Benedetto XVI facesse capolino nella piazza, intorno alle 20.20, ed ecco che al passaparola "Eccolo, eccolo, sta passando!", tutti sono balzati in piedi sulle sedie. Hanno allungato le braccia per salutarlo. Lo hanno chiamato per nome: 'Benedetto, Benedetto'. Hanno fatto di tutto per incrociare il suo sorriso. E ricambiarlo. Dopo i saluti del card. Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma, e di una giovane, sulla piazza è calato il silenzio quando sono entrati in processione la Croce delle GMG e l’icona della Madonna “Salus populi romani” tra i flambeaux accesi dai giovani. "Prima di tutto voglio ringraziarvi del vostro affetto e della vostra presenza". “Grazie di cuore per la vostra presenza, per questa meravigliosa testimonianza della fede, di voler vivere in comunione di Gesù, del vostro entusiasmo di seguire Gesù e di vivere bene. Grazie”. Giulia, Luca ed Enrico sono i tre ragazzi romani, che ieri sera hanno posto altrettante domande al Papa, prendendo spunto dall'episodio evangelico del giovane ricco. “È possibile fare della mia vita qualcosa di bello e di grande?”, ha chiesto Giulia. Innanzitutto, occorre, ha evidenziato il Papa, “non buttare via la vita, non vivere per se stessi, vivere la vita nella sua ricchezza e totalità”. Ma come fare ciò? È la stessa questione posta dal giovane ricco. “A prima vista – ha osservato Benedetto XVI – la risposta del Signore appare molto secca, perché dice di osservare i comandamenti”, ma essi possono essere riassunti “nell'amare Dio con tutto il cuore e amare il prossimo come se stessi”.

“In tutte le parabole come nel discorso della montagna – ha chiarito il Papa - troviamo realmente il volto di Gesù, fino alla croce dove per nostro amore si dà totalmente fino alla morte”. Occorre, dunque, meditare sulla figura di Gesù, “insieme anche con gli amici e con la Chiesa”. Tuttavia, non basta conoscere Gesù “solo in modo accademico e teorico”, ma “con il cuore, cioè parlare con Lui nella preghiera”. “Una persona – ha precisato il Pontefice - non si può conoscere nello stesso modo con cui si può studiare la matematica, per la quale è sufficiente la ragione; per conoscere una persona e soprattutto Gesù ci vuole anche la ragione ma nello stesso tempo il cuore”. "Solo con l'apertura del cuore – ha aggiunto Benedetto XVI -, con la conoscenza di quanto ha detto e fatto, con il nostro amore verso di lui, possiamo sempre più conoscerlo e fare l'esperienza di essere amati”. È necessario quindi “ascoltare la parola di Gesù, nella comunione della Chiesa e rispondere con la nostra preghiera”, in un colloquio personale con Lui dove gli poniamo “i nostri bisogni, le nostre domande”. Infatti, “in un vero colloquio possiamo sempre più trovare la strada della conoscenza che diventa amore”. “Naturalmente – ha chiarito il Papa – non basta solo pensare, solo pregare, ma anche fare è una parte del cammino verso Gesù, fare le cose buone, impegnarsi per il prossimo: ci sono diverse strade, ognuno conosce le sue possibilità nella parrocchia e nella comunità dove vive, per impegnarsi con Cristo e per gli altri per la vitalità della Chiesa perché la fede sia realmente forza formativa del nostro ambiente e del nostro tempo”. Ecco gli elementi fondamentali: “ascoltare”, “rispondere”, “entrare nella comunità credente”, “comunione con Cristo nei sacramenti”, nell'eucaristia e nella confessione, e “realizzare le parole della fede, così diventano forza della mia vita e appare realmente anche a me lo sguardo di Gesù. Il suo amore mi aiuta, mi trasforma”, ha sottolineato il Santo Padre. “Padre Santo, come posso trovare la forza per scelte coraggiose e chi mi può aiutare?”, ha chiesto Enrico al Pontefice.
“Cominciamo da una parola dura per noi: rinunce – ha dichiarato Benedetto XVI -. Esse diventano alla fine anche belle se hanno un perché e se questo perché giustifica anche la difficoltà della rinuncia”. Ricordando l'immagine, usata da San Paolo, degli atleti delle Olimpiadi che per arrivare alla corona dovevano vivere una disciplina molto dura e rinunciare a tante cose, il Papa ha osservato che questa immagine di San Paolo non vale solo per lo sport ma per “tutte le altre parti della vita”, ad esempio “una vita professionale buona non si può raggiungere senza rinunce, senza una preparazione adeguata, che sempre esige una disciplina e di rinunciare a qualcosa. Così anche nell'arte e in tutti gli elementi della vita”. Insomma, serve comprendere che “per raggiungere uno scopo sia professionale sia sportivo sia artistico sia culturale dobbiamo rinunciare”. In realtà, “l'arte di essere uomo esige rinunce” e “le rinunce vere che ci aiutano a trovare a vita ci sono indicate nella parola di Dio e ci aiutano a non cadere nell'abisso della droga, dell'alcol, della schiavitù della sessualità, del denaro, della pigrizia”. “Tutte queste cose inizialmente – ha aggiunto il Santo Padre - appaiono azioni di libertà”, in realtà sono “inizi di una schiavitù che diventa sempre più insuperabile”. “Superare la tentazione del momento, andare avanti verso il bene crea la vera libertà e fa preziosa la vita – ha avvertito Benedetto XVI -. In questo senso dobbiamo vedere che senza un no a certe cose non cresce il grande sì alla vera vita”. Ci siano da esempio “le figure dei santi, pensiamo a san Francesco o ai santi dei nostri tempi, madre Teresa, don Gnocchi e tanti altri che hanno rinunciato” e “divenuti liberi loro stessi” sono “una ricchezza per il mondo e ci mostrano come si può vivere”. “E così alla domanda 'chi mi aiuta' – ha concluso il Papa, rispondendo all'ultima parte della domanda di Enrico -, direi che ci aiutano le grandi figure della storia della Chiesa, ci aiuta la Parola di Dio, ci aiuta la comunità parrocchiale, il movimento, il volontariato, le amicizie con uomini che hanno già fatto progressi nella strada della vita e possono convincerci che andare in questo modo è la strada giusta. Preghiamo il Signore che ci doni sempre degli amici che ci aiutino a vedere la strada del bene e trovare così la vita bella e gioiosa”.SIR, RomaSette
Incontro con i Giovani di Roma e del Lazio in preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù (25 marzo 2010) - il testo integrale delle domande dei giovani e delle risposte del Papa