Sul “tragico caso” di padre Lawrence Murphy, un sacerdote dell'arcidiocesi di Milwaukee in Usa coinvolto in una serie di abusi sessuali su bambini “particolarmente vulnerabili” e portato alla ribalta da un articolo del New York Times è intervenuto questa mattina padre Federico Lombardi, con un comunicato diffuso oggi in sala stampa in lingua inglese e dato ieri direttamente al quotidiano americano. “Avendo abusato sessualmente di bambini che erano non udenti – ha esordito Lombardi – padre Murphy ha violato la legge e, soprattutto, la fiducia sacra che le sue vittime avevano posto in lui”. Poiché il New York Times ha coinvolto nella sua inchiesta anche l’allora card. Ratzinger e il suo vice mons. Bertone, padre Lombardi ripercorre dettagliatamente la questione e osserva come alla metà degli anni ’70, alcune vittime di padre Murphy avevano denunciato gli abusi alle autorità ma che “la Congregazione per la Dottrina della Fede non fu informata della questione fino ad una ventina di anni più tardi”. Solo “alla fine degli anni ’90 – prosegue nella ricostruzione il portavoce della sala stampa vaticana - dopo che sono trascorsi oltre due decenni da quando gli abusi furono denunciati ai funzionari diocesani e alla polizia, alla Congregazione per la Dottrina della Fede fu posta per la prima volta la questione di come trattare il caso Murphy canonicamente”. "Contrariamente ad alcune affermazioni circolate sulla stampa, né la "Crimen sollicitationis" né il Codice di Diritto Canonico hanno mai vietato la denuncia degli abusi sui bambini alle forze dell’ordine". Alla Congregazione, oltre tutto, fu posta la questione in maniera non diretta. “E’ importante notare – spiega padre Lombardi – che la questione canonica presentata alla Congregazione era estranea a qualsiasi potenziale procedimento civile o penale contro padre Murphy”. Sui motivi per i quali padre Murphy non sia mai stato punito, riducendolo allo stato laicale, padre lombardi scrive: “In casi simili, il Codice di Diritto Canonico non prevede pene automatiche, ma raccomanda che sia emessa una sentenza che non escluda nemmeno la pena ecclesiastica più grande, ossia la dimissione dallo stato clericale. Alla luce del fatto che Padre Murphy era anziano e in pessima salute, e che viveva in solitudine e senza accuse di abuso segnalate in più di 20 anni”, ha indotto la Congregazione per la Dottrina della Fede a suggerire che l'arcivescovo di Milwaukee limitasse al prete il pubblico ministero e che egli si assumesse “la piena responsabilità per la gravità dei suoi atti. Padre Murphy è morto circa quattro mesi dopo, senza ulteriori incidenti”. Il quotidiano della CEI Avvenire ha risposto alle accuse del New York Times. "I documenti - afferma il sito internet del giornale - dicono che gli unici a preoccuparsi del male compiuto da padre Murphy sono stati i vertici della diocesi americana e la Congregazione per la Dottrina della Fede, mentre le autorità civili avevano archiviato il caso". In particolare, sottolinea Avvenire, "la Congregazione della Dottrina della Fede, investita della questione solo tra il 1996 e il 1997, ha dato indicazione di procedere nei confronti di padre Murphy malgrado la lontananza temporale dei fatti costituisse un impedimento a norma di diritto canonico".