mercoledì 7 aprile 2010

Quello che il 'New York Times' non traduce. Sorpresa: Joseph Ratzinger e Tarcisio Bertone non insabbiarono il caso Murphy. Tutta colpa del computer?

Domenica scorsa l’editorialista del New York Times Maureen Dowd è tornata ad attaccare il Papa. Commentando parole dell’esorcista don Gabriele Amorth il quale ha detto che dietro i preti pedofili c’è lo zampino del demonio, Dowd ha suggerito alla chiesa cattolica un mezzo per risolvere il problema: assumere un “sessorcista”. Eppure, a rileggere le accuse che il NYT ha rivolto all’attuale Papa in merito al caso del prete pedofilo Lawrence Murphy che abusò di alcuni ragazzi sordomuti quando lavorava in una scuola di Milwaukee, è il quotidiano americano che sembra aver bisogno di consulenti. Dietro le accuse, infatti, si svela un retroscena inedito: alla base della tesi riportata il 25 marzo dal NYT secondo cui sia Joseph Ratzinger sia Tarcisio Bertone avrebbero insabbiato - quando guidavano la Dottrina della fede - gli abusi commessi di padre Murphy, c’è un grossolano errore di traduzione. Ecco come sono andate le cose: il 25 marzo Laurie Goodstein costruisce sul NYT le accuse a Ratzinger e Bertone in due modi. Firma un articolo in cui riassume i fatti. Allega sul sito web del giornale la corrispondenza avvenuta tra l’ex Sant’Uffizio e la diocesi di Milwaukee in merito al caso. E’ in questa corrispondenza che è riportato anche il resoconto dell’incontro che il 30 maggio 1998 i superiori della Dottrina della fede hanno con mons. Robert Weakland, allora arcivescovo di Milwaukee, il suo ausiliare mons. Richard Skilba e il vescovo di Superior, Raphael Fliss. Si tratta di un incontro di fondamentale importanza perché svela quale linea Bertone, a nome di Ratzinger, decise di prendere una volta conosciuti i fatti. Il racconto dell’incontro serve al NYT da supporto alla tesi scritta dalla Goodstein. A prima vista tutto è corretto. Sul sito web del giornale vengono riportate sia la versione originale del resoconto dell’incontro del ’98, quella italiana, sia una traduzione in inglese. Ma si omette di dire una cosa: la versione inglese è una traduzione dall’italiano grossolana e scorretta fatta con “Yahoo translator”, una traduzione che il giudice vicario della diocesi di Milwaukee, Thomas Brundage, aveva inviato al suo superiore, il vescovo Fliss, per aiutarlo nella comprensione dell’italiano. Per Brundage era scontato che Fliss ne prendesse visione senza dimenticarsi della versione corretta: “E’ una traduzione molto ruvida”. Scrive Brundage a Fliss, “perché il computer non può distinguere alcuni termini del diritto canonico”. Mai Brundage avrebbe potuto immaginare che più di dieci anni dopo il NYT, volutamente o semplicemente per superficialità, scrivesse un articolo nel quale gran parte dell’impianto accusatorio si basa esclusivamente sulla versione inglese. Qui il traduttore automatico di Yahoo cambia il senso delle parole e mostra Bertone molto remissivo con Murphy. Tanto che si può dire, se la fonte è soltanto questa versione inglese, che Ratzinger e il suo vice tentarono nel ’98 di insabbiare il caso. Ma lo stesso ragionamento non lo si può fare se viene svolto un lavoro corretto di visione delle fonti, ovvero se ci si basa sul testo ufficiale scritto dalla Dottrina della fede in italiano. E’ qui, nella versione italiana, che vengono dette alcune cose importanti. Viene detto che durante l’incontro con Bertone, Weakland “s’impegna a cercare di ottenere da Murphy – da lui paragonato a un bambino ‘difficile’ –, una dichiarazione di pentimento”. Si dice che padre Murphy è stato esaminato da tre psicologi che lo ritengono “un pedofilo tipico” e che, pertanto, “si crede vittima”. Si spiega che o padre Murphy “dà segni chiari di pentimento”, oppure il processo canonico andrà fino in fondo e arriverà alle dimissioni del sacerdote dallo stato clericale. E’ nella versione inglese assunta come base dal NYT, invece, che non solo alcuni passaggi vengono omessi, ma si dice spesso tutt’altro. Cosa? Che Weakland s’impegna ad avere da Murphy non una dichiarazione di pentimento ma semplicemente una d’“impedimento dell’esercizio del ministero”. Non si dice che tre psicologi hanno giudicato padre Murphy un “pedofilo tipico” e che la cosa viene presa per buona dalla Dottrina della fede. E non si dice che, senza pentimento, a padre Murphy verrà comminato il massimo della pena prevista dal diritto canonico: le dimissioni dallo stato clericale. Insomma, a leggere la versione inglese sembra che Bertone non abbia preso ogni misura possibile su Murphy. Non si dice, ancora, che la Dottrina delle fede lo considera un pedofilo e che senza il suo pentimento il processo non verrà fermato. E’ vero, Bertone chiede di tenere in considerazione le condizioni fisiche precarie di Murphy, che infatti di lì a poco muore. Ma non dice mai che a causa di queste condizioni il processo deve essere fermato. Egli dice, e la cosa viene omessa nella versione “automatica” inglese, che per favorire il pentimento di padre Murphy “gli sia concesso un perido di ritiro”, altrimenti le misure saranno “più rigorose”.

Paolo Rodari, Il Foglio