domenica 2 maggio 2010

Il Papa davanti alla Sindone: Icona scritta col sangue che parla di amore e vita. Il mistero più oscuro della fede anche speranza che non ha confini

E' quasi un boato quello che ha accolto l'arrivo di Benedetto XVI al Duomo di Torino. L'applauso e le grida dei fedeli sono esplose quando il Santo Padre, dopo aver raggiunto il Duomo a bordo della papamobile, è uscito un istante per salutare la folla. Il Pontefice è poi rientrato all'interno della chiesa per la venerazione della Sindone e la sua meditazione. Il Papa ha sostato in preghiera per cinque lunghi silenziosi minuti davanti alla Sindone, che la tradizione cristiana considera il telo con cui venne avvolto Gesù dopo la flagellazione e crocifissione. Benedetto XVI si è inginocchiato, raccolto in preghiera silenziosa, ai piedi dell'Icona.
E' la meditazione davanti alla Sacra Sindone il discorso centrale della giornata di trasferta del Papa a Torino. "Questo è per me un momento molto atteso. In un'altra occasione - ha detto - mi sono trovato davanti alla sacra Sindone, ma questa volta vivo questo pellegrinaggio e questa sosta con particolare intensità: forse perché il passare degli anni mi rende ancora più sensibile al messaggio di questa straordinaria Icona; forse, e direi soprattutto - ha aggiunto Benedetto XVI - perché sono qui come Successore di Pietro, e porto nel mio cuore tutta la Chiesa, anzi, tutta l'umanità". La Sindone è l'Icona del Sabato Santo, l'Icona del mistero della Resurrezione: “La Sindone di Torino ci offre l’immagine di com’era il suo corpo disteso nella tomba durante quel tempo, che fu breve cronologicamente (circa un giorno e mezzo), ma fu immenso, infinito nel suo valore e nel suo significato”. Un mistero che è legato al giorno del silenzio, appunto il Sabato Santo. “Nel nostro tempo - ha detto il Papa - specialmente dopo aver attraversato il secolo scorso, l’umanità è diventata particolarmente sensibile al mistero del Sabato Santo. Il nascondimento di Dio fa parte della spiritualità dell’uomo contemporaneo, in maniera esistenziale, quasi inconscia, come un vuoto nel cuore che è andato allargandosi sempre di più".
"Sul finire dell’Ottocento, Nietzsche scriveva: “Dio è morto! E noi l’abbiamo ucciso!”. Questa celebre espressione, a ben vedere, è presa quasi alla lettera dalla tradizione cristiana, spesso la ripetiamo nella Via Crucis, forse senza renderci pienamente conto di ciò che diciamo. Dopo le due guerre mondiali, i lager e i gulag, Hiroshima e Nagasaki, la nostra epoca è diventata in misura sempre maggiore un Sabato Santo: l’oscurità di questo giorno interpella tutti coloro che si interrogano sulla vita, in modo particolare interpella noi credenti. Anche noi abbiamo a che fare con questa oscurità”. Ma la morte di Gesù ha un aspetto totalmente positivo. E, ha proseguito il Papa “questo mi fa pensare al fatto che la Sacra Sindone si comporta come un documento “fotografico”, dotato di un “positivo” e di un “negativo”. E in effetti è proprio così: il mistero più oscuro della fede è nello stesso tempo il segno più luminoso di una speranza che non ha confini. Il Sabato Santo è la “terra di nessuno” tra la morte e la risurrezione, ma in questa “terra di nessuno” è entrato Uno, l’Unico, che l’ha attraversata con i segni della sua Passione per l’uomo”. Ecco cosa ha fatto Cristo, “rimanendo nella morte, ha oltrepassato la porta di questa solitudine ultima per guidare anche noi ad oltrepassarla con Lui”. Il Papa ha proseguito: “Tutti abbiamo sentito qualche volta una sensazione spaventosa di abbandono, e ciò che della morte ci fa più paura è proprio questo, come da bambini abbiamo paura di stare da soli nel buio e solo la presenza di una persona che ci ama ci può rassicurare. Ecco, proprio questo è accaduto nel Sabato Santo: nel regno della morte è risuonata la voce di Dio. E’ successo l’impensabile: che cioè l’Amore è penetrato “negli inferi”: anche nel buio estremo della solitudine umana più assoluta noi possiamo ascoltare una voce che ci chiama e trovare una mano che ci prende e ci conduce fuori”.
Del resto “l’essere umano vive per il fatto che è amato e può amare; e se anche nello spazio della morte è penetrato l’amore, allora anche là è arrivata la vita”. Un mistero che è Resurrezione. “Mi sembra - ha detto il Papa - che guardando questo sacro Telo con gli occhi della fede si percepisca qualcosa di questa luce. In effetti, la Sindone è stata immersa in quel buio profondo, ma è al tempo stesso luminosa; e io penso che se migliaia e migliaia di persone vengono a venerarla – senza contare quanti la contemplano mediante le immagini – è perché in essa non vedono solo il buio, ma anche la luce; non tanto la sconfitta della vita e dell’amore, ma piuttosto la vittoria, la vittoria della vita sulla morte, dell’amore sull’odio; vedono sì la morte di Gesù, ma intravedono la sua Risurrezione; in seno alla morte pulsa ora la vita, in quanto vi inabita l’amore. Questo è il potere della Sindone: dal volto di questo “Uomo dei dolori”, che porta su di sé la passione dell’uomo di ogni tempo e di ogni luogo, anche le nostre passioni, le nostre sofferenze, le nostre difficoltà, i nostri peccati - “Passio Christi. Passio hominis” - promana una solenne maestà, una signoria paradossale.” La Sindone, ha concluso il Papa, è una Icona scritta con il sangue. “L’immagine impressa sulla Sindone è quella di un morto, ma il sangue parla della sua vita. Ogni traccia di sangue parla di amore e di vita. Specialmente quella macchia abbondante vicina al costato, fatta di sangue ed acqua usciti copiosamente da una grande ferita procurata da un colpo di lancia romana, quel sangue e quell’acqua parlano di vita. E’ come una sorgente che mormora nel silenzio, e noi possiamo sentirla, possiamo ascoltarla, nel silenzio del Sabato Santo.”

Adnkronos, Apcom, Korazym.org