Oltre 50mila, secondo gli organizzatori, hanno assistito alla Santa Messa in Piazza San Carlo a Torino, presieduta da Papa Benedetto XVI. La piazza conteneva circa 25mila fedeli, mentre altrettanti pellegrini si sono riversati nelle vie limitrofe e soprattutto in piazza Castello, dove sono allestiti maxischermi per poter seguire gli appuntamenti della giornata del Pontefice. Con il Papa hanno concelebrato 30 vescovi di cui otto cardinali, ed erano presenti 600 autorità, 700 sacerdoti e diaconi con le tonache bianche, 250 cantori diretti dal maestro Alessandro Ruo Rui. Sull'altare, dove spiccava la cattedra papale realizzata in legno e velluto porpora dai maestri artigiani del Friuli, i giovani studenti del seminario maggiore pronti a ricoprire il ruolo di ministranti. Nelle prime posizioni, a sinistra del palco, erano ospitati i fedeli ammalati.
Nell'omelia, Benedetto XVI ha affermato che la Sacra Sindone ci ricorda che “Colui che è stato crocifisso, che ha condiviso la nostra sofferenza…è colui che è risorto e ci vuole riunire tutti nel suo amore. Si tratta di una speranza stupenda, ‘forte’, ‘solida’”. Alle decine di migliaia di fedeli presenti il Papa ha ribadito che nella Sacra Sindone “vediamo, come specchiati, i nostri patimenti nelle sofferenze di Cristo: ‘Passio Christi. Passio hominis’. Proprio per questo essa è un segno di speranza: Cristo ha affrontato la croce per mettere un argine al male; per farci intravvedere, nella sua Pasqua, l’anticipo di quel momento in cui anche per noi, ogni lacrima sarà asciugata e non ci sarà più morte, né lutto, né lamento, né affanno”. Il Pontefice ha sottolineato che tale rinnovamento pesca nel “nuovo” comandamento che Gesù affida ai suoi discepoli: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi gli uni gli altri”. Se ci amiamo gli uni gli altri, Gesù continua ad essere presente in mezzo a noi”.
“Gesù – ha aggiunto - ci ha dato se stesso come modello e fonte di amore. Si tratta di un amore senza limiti, universale, in grado di trasformare anche tutte le circostanze negative e tutti gli ostacoli in occasioni per progredire nell’amore”. Nella sua omelia Benedetto XVI ha elencato i molti problemi presenti nella città: “Penso, in particolare, a quanti vivono concretamente la loro esistenza in condizioni di precarietà, a causa della mancanza del lavoro, dell’incertezza per il futuro, della sofferenza fisica e morale; penso alle famiglie, ai giovani, alle persone anziane che spesso vivono la solitudine, agli emarginati, agli immigrati”. “Dandoci il comandamento nuovo – ha continuato - Gesù ci chiede di vivere il suo stesso amore, che è il segno davvero credibile, eloquente ed efficace per annunciare al mondo la venuta del Regno di Dio. Ovviamente con le nostre sole forze siamo deboli e limitati. C’è sempre in noi una resistenza all’amore e nella nostra esistenza ci sono tante difficoltà che provocano divisioni, risentimenti e rancori. Ma il Signore ci ha promesso di essere presente nella nostra vita, rendendoci capaci di questo amore generoso e totale, che sa vincere tutti gli ostacoli. Se siamo uniti a Cristo, possiamo amare veramente in questo modo. Amare gli altri come Gesù ci ha amati è possibile solo con quella forza che ci viene comunicata nel rapporto con Lui, specialmente nell’Eucaristia, in cui si rende presente in modo reale il suo Sacrificio di amore che genera amore”. Benedetto XVI ha ricordato che “le parole di Gesù acquistano… una risonanza particolare per questa Chiesa, una Chiesa generosa e attiva, a cominciare dai suoi preti”. Il Papa si è rivolto poi ai sacerdoti e ai religiosi incoraggiandoli: “A volte, essere operai nella vigna del Signore può essere faticoso, gli impegni si moltiplicano, le richieste sono tante, i problemi non mancano: sappiate attingere quotidianamente dal rapporto di amore con Dio nella preghiera la forza per portare l’annuncio profetico di salvezza; ri-centrate la vostra esistenza sull’essenziale del Vangelo; coltivate una reale dimensione di comunione e di fraternità all’interno del presbiterio, delle vostre comunità, nei rapporti con il Popolo di Dio; testimoniate nel ministero la potenza dell’amore che viene dall’Alto”.
Guardando poi alle tante sfide che la città della Sindone vive, ha aggiunto: "Penso, in particolare, a quanti vivono concretamente la loro esistenza in condizioni di precarietà, a causa della mancanza del lavoro, dell’incertezza per il futuro, della sofferenza fisica e morale; penso alle famiglie, ai giovani, alle persone anziane che spesso vivono in solitudine, agli emarginati, agli immigrati. Sì, la vita porta ad affrontare molte difficoltà, molti problemi, ma è proprio la certezza che ci viene dalla fede, la certezza che non siamo soli, che Dio ama ciascuno senza distinzione ed è vicino a ciascuno con il suo amore, che rende possibile affrontare, vivere e superare la fatica dei problemi quotidiani". Il Papa ha quindi esortato le “famiglie a vivere la dimensione cristiana dell’amore nelle semplici azioni quotidiane, nei rapporti familiari superando divisioni e incomprensioni”; coloro che lavorano nel mondo dell’università a un “dialogo umile nella ricerca della Verità, certi che è la stessa Verità che ci viene incontro e ci afferra”; chi è impegnato nelle amministrazioni pubbliche a vivere “la collaborazione per perseguire il bene comune e rendere la Città sempre più umana e vivibile”, segno che “il pensiero cristiano sull’uomo non è mai contro la sua libertà, ma in favore di una maggiore pienezza che solo in una ‘civiltà dell’amore’ trova la sua realizzazione”; i giovani a “non perdere mai la speranza”. Tale speranza poggia sulla resurrezione di Gesù: “Essa è l’inizio di tutta una serie di ‘cose nuove’, a cui partecipiamo anche noi. ‘Cose nuove’ sono un mondo pieno di gioia, in cui non ci sono più sofferenze e sopraffazioni, non c’è più rancore e odio, ma soltanto l’amore che viene da Dio e che trasforma tutto”.
Apcom, AsiaNews
VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI A TORINO (2 MAGGIO 2010) - I - il testo integrale dell'omelia del Papa