All'inizio dell'omelia, il Pontefice ha ricordato l'odierna Solennità della Trinità. La liturgia di oggi, ha spiegato, attira la nostra attenzione sulla realtà di amore che è contenuta in questo primo e supremo mistero della nostra fede. Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono uno, perché Dio è amore: il Padre dà tutto al Figlio; il Figlio riceve tutto dal Padre con riconoscenza; e lo Spirito Santo è come il frutto di questo amore reciproco del Padre e del Figlio. I testi della Santa Messa parlano di Dio e perciò parlano di amore: non si soffermano tanto sul Mistero delle tre Persone, ma sull’amore che ne costituisce la sostanza e l’unità e trinità nello stesso momento. E per evidenziare l’amore di Dio, Benedetto XVI ha ricordato, poi, il brano tratto dal Libro dell’Esodo, in cui si racconta che si è appena concluso il patto di alleanza presso il monte Sinai, e già il popolo manca di fedeltà a Dio. L’assenza di Mosè si prolunga e il popolo chiede ad Aronne di fare un Dio che sia visibile, accessibile, manovrabile, alla portata dell’uomo. Aronne acconsente e prepara un vitello d’oro.
Scendendo dal Sinai, Mosè vede ciò che è accaduto e spezza le tavole dell’alleanza su cui erano scritte le “Dieci Parole”, il contenuto concreto del patto con Dio. Tutto sembra perduto, eppure, nonostante questo gravissimo peccato, Dio, per intercessione di Mosè, decide di perdonare; invita Mosè a risalire sul monte per ricevere di nuovo la sua legge, i Dieci Comandamenti. Mosè chiede allora a Dio di rivelarsi. Ma Dio non mostra il volto, rivela piuttosto il suo essere pieno di bontà, dicendo: "Il Signore, Il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà". Questa auto-definizione di Dio, ha sottolineato il Papa, manifesta il suo amore misericordioso: un amore che vince il peccato, lo copre, lo elimina. "Noi abbiamo un Dio che rinuncia a distruggere il peccatore e che vuole manifestare il suo amore in maniera ancora più profonda e sorprendente proprio davanti al peccatore per offrire sempre la possibilità della conversione e del perdono". Il Vangelo completa questa rivelazione, ha sottolineato poi Benedetto XVI, perché indica fino a che punto Dio ha mostrato la sua misericordia. L’evangelista Giovanni riferisce l’espressione di Gesù: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna". "Nel mondo c’è il male, c’è egoismo, c’è cattiveria e Dio potrebbe venire per giudicare questo mondo, per distruggere il male, per castigare coloro che operano nelle tenebre. Invece Egli mostra di amare il mondo, di amare l’uomo, nonostante il suo peccato, e invia ciò che ha di più prezioso: il suo Figlio unigenito", ha detto il Pontefice. "Rispondendo all’amore che viene dal Padre – ha aggiunto -, il Figlio ha dato la sua stessa vita per noi: sulla croce l’amore misericordioso di Dio giunge al culmine. Ed è sulla croce che il Figlio di Dio ci ottiene la partecipazione alla vita eterna, che ci viene comunicata con il dono dello Spirito Santo".
Così, "nel mistero della croce, sono presenti le tre Persone divine": il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. "La fede nel Dio trinitario ha caratterizzato anche questa Chiesa di San Marino-Montefeltro, nel corso della sua storia antica e gloriosa", ha sottolineato Benedetto XVI ricordando che "l’evangelizzazione di questa terra è attribuita ai Santi scalpellini Marino e Leone, i quali alla metà del III secolo dopo Cristo sarebbero approdati a Rimini dalla Dalmazia". Al di là delle questioni storiche, secondo il Papa, "interessa affermare come Marino e Leone portarono nel contesto di questa realtà locale, con la fede nel Dio rivelatosi in Gesù Cristo, prospettive e valori nuovi, determinando la nascita di una cultura e di una civiltà incentrate sulla persona umana, immagine di Dio e perciò portatore di diritti precedenti ogni giurisdizione umana". La varietà delle diverse etnie – romani, goti e poi longobardi – "trovarono nel comune riferimento alla fede un fattore potente di edificazione etica, culturale, sociale e, in qualche modo, politica. Era evidente ai loro occhi che non poteva ritenersi compiuto un progetto di civilizzazione fino a che tutti i componenti del popolo non fossero diventati una comunità cristiana vivente e ben strutturata". A ragione, per il Santo Padre, si può dire che la ricchezza di questo popolo "è stata ed è la fede, e che questa fede ha creato una civiltà veramente unica". Accanto alla fede, occorre poi ricordare "l’assoluta fedeltà al vescovo di Roma, al quale questa Chiesa ha sempre guardato con devozione ed affetto; come pure l’attenzione dimostrata verso la grande tradizione della Chiesa orientale e la profonda devozione verso la Vergine Maria". "Voi – ha affermato il Pontefice - siete giustamente fieri e riconoscenti di quanto lo Spirito Santo ha operato attraverso i secoli nella vostra Chiesa. Ma voi sapete anche che il modo migliore di apprezzare un’eredità è quello di coltivarla e di arricchirla".
Radio Vaticana, SIR, TMNews
VISITA PASTORALE ALLA DIOCESI DI SAN MARINO-MONTEFELTRO (I) - il testo integrale dell'omelia del Papa