I primi vincitori della sfida Giornata Mondiale della Gioventù sono stati i giovani; che fossero un milione o due milioni, poco importa. Nel pieno della crisi economica i ragazzi e le ragazze hanno dato fondo ai propri risparmi per andare nella capitale spagnola. I portavoce delle forze della sicurezza sono stati unanimi: durante tutta la settimana dal 16 al 21 Agosto non si è registrato nessun incidente né nessun disturbo pubblico, neanche per intossicazione etilica. In ogni momento, anche di fronte alle provocazioni di alcuni “manifestanti”, hanno conservato la pace e l’ordine. Quella loro fu una presenza allegra e comunicativa ma senza eccessi. Tutto ciò è già tanto, ma è soltanto la superficie del fenomeno. Dopo essere stato in tutte, tranne una, le edizioni precedenti della GMG, posso assicurare che a Madrid ho trovato una gioventù cosciente dei suoi problemi, con il desiderio di scambiare esperienze, di ascoltare delle risposte alle questioni che li preoccupano, di approfondire nella ricerca dei progetti di vita, coraggiosa nelle sue analisi, piena di speranza non ostante gli allarmanti segnali dei nostri tempi. Nessuno penserà che siamo di fronte al caso. Si tratta del risultato di una preparazione previa che, questa volta, ha avuto molta più attenzione che le edizioni precedenti. Da mesi, e anche da anni, i giovani si sono preparati per il loro appuntamento a Madrid e sono stati accompagnati da sacerdoti, vescovi e laici compromessi, molti dei quali hanno vissuto con loro quei luminosi giorni “madrileños”. Bisogna anche sottolineare il ruolo di Benedetto XVI. Il Papa non solo ha retto molto bene la prova fisica di quei quattro giorni d’intensa attività sotto un caldo soffocante, ma ha anche dimostrato un’altra volta la sua capacità di dialogare con le generazioni giovani senza rinunciare alla sua personalità. Joseph Ratzinger ha pronunciato una serie di discorsi che non vanno sprecati e che sono stati ascoltati con affetto. La sua è stata una semina sicuramente molto feconda. A Madrid lo abbiamo visto soddisfatto e felice come poche volte, e così lo hanno confermato chi sono stati con lui durante quei giorni. La Chiesa spagnola è uscita vincente dalla sfida che rappresentava l’organizzazione della GMG. Bisogna riconoscere il lavoro del card. Antonio María Rouco Varela, arcivescovo di Madrid, e quello della sua squadra di collaboratori, che ha mostrato una notevole efficacia nella gestione materiale dell’evento e nella forma nella quale ha affrontato tutte le difficoltà. Disporre di migliaia di volontari, così simpatici, così compromessi con la loro missione, è stata la sua carta vincente, perché rappresentano una "forza viva" con la quale si può contare in futuro. Visto che eravamo così vicini, vorrei sottolineare la professionalità delle persone che si sono occupate delle mansioni informative e dell’accompagnamento dei quasi 5.000 giornalisti che si trovavano a Madrid per seguire l’evento. Nella difficile situazione che sta vivendo la società spagnola, la GMG è stata un segnale di speranza. La cooperazione del governo di Zapatero e delle autorità della città è stata generosa e ha permesso confermare che lo Stato e la Chiesa possono collaborare in diversi ambiti, anche se non condividano identici criteri. Si potrebbero obiettare su alcune dichiarazioni, più o meno opportune, alcune assenze, ma indiscutibilmente ha prevalso il desiderio di collaborare e quello potrebbe segnalare una via per i tempi che verranno. Da un’altra parte, senza cadere nel trionfalismo della Chiesa, ha dimostrato che non è una realtà in decadenza e, come ha detto l’arcivescovo castrense Monsignor Juan del Río, "la visita del Papa serve per ricaricare le batterie", possiamo dire che la ricarica è stata molto generosa. Queste e altre tante cose sono state riconosciute dai media spagnoli ed esteri che hanno dedicato alla GMG l’attenzione che meritava. Anche quelli che si sono spesso manifestati ostili verso la Chiesa non hanno potuto chiudere gli occhi di fronte a certe evidenze. Ma ci sono sempre delle eccezioni, e quello, in principio, non dovrebbe risultare strano, perché la pluralità esiste e deve esistere in ogni società democratica. Invece, risulta più strano il fatto che alcuni settori di quello che io definisco “clericalismo di sinistra” non abbiano voluto vedere quello che succedeva e che abbiano voluto ridurre la GMG a una manifestazione di “papolatria” e nostalgia del nazional-cattolicesimo di Franco. Visto che non si trattava di una guerra, non ci sono né vincitori né vinti, ma ci si permetta sottolineare la cecità di alcuni portavoce del progressismo teologico spagnolo, perché, assicura la saggezza popolare, “non c’è cieco peggiore di quello che non vuol vedere”.
Antonio Pelayo, Vatican Insider