Si infittiscono le voci sui possibili candidati per la successione del card. Angelo Scola, che lo scorso giugno è stato nominato arcivescovo di Milano. Tra i nomi che sembrano emergere c’è quello di Aldo Giordano, 57 anni, rappresentante della Santa Sede a Strasburgo, vicino al movimento dei Focolari. Giordano era stato già inserito nelle terne preparate sia per Torino che per Milano e non è un mistero che a portare avanti la sua candidatura sia il Segretario di Stato Tarcisio Bertone. Un altro nome forte è quello dell’attuale vescovo di La Spezia, Francesco Moraglia, 58 anni, presidente del consiglio di amministrazione della Fondazione “Comunicazione e Cultura” della CEI, da cui dipende anche Tv2000, stimato dal card. Angelo Bagnasco e dallo stesso Bertone che lo conobbe quando era arcivescovo di Genova. Più defilate appaiono invece le candidature del vescovo di Terni Vincenzo Paglia, 66 anni, già assistente ecclesiastico della Comunità di Sant’Egidio, e quella dell’arcivescovo di Chieti Bruno Forte, 62 anni, teologo. Due infine i possibili "papabili" tra i vescovi del Triveneto: Andrea Bruno Mazzoccato, arcivescovo di Udine, e Gianpaolo Crepaldi, vescovo di Trieste. Per la "provvista" di Venezia non si sarebbe ancora messo in moto il processo, vale a dire la richiesta di pareri richiesti dalla nunziatura in Italia ai vescovi della regione, ai cardinali italiani e a sacerdoti e laici della città lagunare, chiamati a esprimersi sull’identikit del nuovo patriarca e sulle necessità della diocesi, indicando anche possibili candidature. La nomina di Scola a Milano è stata resa nota lo scorso 28 giugno. L’estate è passata senza che nulla si muovesse dalla nunziatura di via Po, anche perché il suo titolare, l’arcivescovo Giuseppe Bertello, era in attesa di essere designato quale nuovo presidente del Governatorato al posto dell’uscente card. Giovanni Lajolo. Una nomina che ha tardato a venire a motivo delle difficoltà legate alla sistemazione per il segretario dello stesso Governatorato, l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, appena nominato nunzio apostolico negli Stati Uniti. Ma neanche alla ripresa di settembre s’è mosso qualcosa. Il motivo è legato certamente alla mancanza del nunzio, dal 1° ottobre Bertello è insediato al Governatorato e la nunziatura presso l’Italia attende il nuovo titolare, Adriano Bernardini, la cui nomina sarà ufficializzata nei prossimi giorni, ma non è escluso che abbiano potuto giocare anche altri fattori. Sembra infatti che vi sia l’intenzione di non far passare la nomina del nuovo patriarca di Venezia, sede molto piccola, ma prestigiosa, il cui titolare viene sempre inserito nel Collegio cardinalizio, attraverso i consueti canali, ma di procedere "per direttissima" o con una mini-plenaria tutta italiana, come altre volte avvenuto per importanti sedi cardinalizie. Benedetto XVI ha voluto, nel caso di Milano, diocesi tra le più grandi e importanti del mondo, procedere seguendo l’iter tradizionale, senza che fosse saltato alcun passaggio. Ha voluto che si promuovesse un’accurata inchiesta sul campo a Milano, che i cardinali e vescovi membri della Congregazione dei vescovi discutessero le candidature e i pro e i contro presenti nel dossier, e alla fine ha voluto sulla scrivania papale l’esito di questo lavoro prima di decidere. La Chiesa del Triveneto, nonostante la crisi e la secolarizzazione, è ancora tra le più importanti e fiorenti d’Italia. Offre un numero elevato di missionari e di sacerdoti impiegati nel servizio diplomatico. È ancora una realtà radicata e ben presente nel tessuto sociale. È una Chiesa di antichissime tradizioni, che già ha vissuto come una ferita l’inusuale trasferimento del suo patriarca. Senza contare che proprio Venezia, nell’ultimo secolo, ha dato ben tre Pontefici alla cristianità, il primo dei quali, Pio X, già santo, il secondo, Giovanni XXIII, è Beato, mentre del terzo, Giovanni Paolo I è in corso il processo di Beatificazione. Sono in molti a sperare che venga applicato il "metodo Milano" anche a Venezia. Non sarebbe meglio consultare le Chiese locali e far esprimere i cardinali e vescovi membri della Congregazione? A meno che il Papa non abbia già in mente un candidato da nominare, l’iter tradizionale non sarebbe preferibile alle "direttissime"? Eviterebbe, tra l’altro, che la designazione di nuovi pastori per diocesi importanti finisca per apparire, all’esterno, come un “risiko” del potere. Il 12 settembre 2009, presiedento ordinazioni di nuovi vescovi in San Pietro, Papa Ratzinger ebbe a dire: "La Chiesa non è la Chiesa nostra, ma la sua Chiesa, la Chiesa di Dio… Non leghiamo gli uomini a noi non cerchiamo potere, prestigio, stima per noi stessi. Conduciamo gli uomini verso Gesù Cristo e così verso il Dio vivente". "Sappiamo come le cose nella società civile e, non di rado, anche nella Chiesa – aveva aggiunto il Pontefice – soffrono per il fatto che molti di coloro ai quali è stata conferita una responsabilità, lavorano per se stessi e non per la comunità, per il bene comune". Parole quanto mai attuali anche a distanza di due anni.
Andrea Tornielli, Vatican Insider