Udienza generale questa mattina nell’Aula Paolo VI, dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di fedeli e pellegrini provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Nella catechesi, riprendendo il ciclo sulla preghiera, il Papa ha incentrato la sua meditazione sulla preghiera di Gesù nell’Ultima Cena (Mt 26,26-28).
Gesù “guarda alla sua Passione, Morte e Risurrezione, essendone pienamente consapevole. Vuole vivere questa Cena con i suoi discepoli, con un carattere del tutto speciale e diverso dagli altri conviti; è la sua Cena, nella quale dona Qualcosa di totalmente nuovo: Se stesso. In questo modo, Gesù celebra la sua Pasqua, anticipa la sua Croce e la sua Risurrezione”. Una “novità”, questa, che “ci viene evidenziata dalla cronologia dell’Ultima Cena nel Vangelo di Giovanni, il quale non la descrive come la cena pasquale, proprio perché Gesù intende inaugurare qualcosa di nuovo, celebrare la sua Pasqua, legata certo agli eventi dell’Esodo. E per Giovanni Gesù morì sulla croce proprio nel momento in cui, nel tempio di Gerusalemme, venivano immolati gli agnelli pasquali”. "Qual è allora il nucleo di questa Cena?" si è chiesto il Pontefice: “Sono i gesti dello spezzare il pane, del distribuirlo ai suoi e del condividere il calice del vino con le parole che li accompagnano e nel contesto di preghiera in cui si collocano: è l’istituzione dell’Eucaristia, è la grande preghiera di Gesù e della Chiesa”. Le tradizioni neotestamentarie dell’istituzione dell’Eucaristia, ricordate dal Pontefice con Paolo e Luca, Marco e Matteo, riportano, dal greco, un significato di “eucaristia/ringraziamento” e “eulogia/benedizione”, che rimandano direttamente alla berakha ebraica, grande preghiera della tradizione d’Israele. “La berakha - ha spiegato il Santo Padre - è anzitutto ringraziamento e lode che sale a Dio per il dono ricevuto: nell’Ultima Cena di Gesù, si tratta del pane – lavorato dal frumento che Dio fa germogliare e crescere dalla terra – e del vino prodotto dal frutto maturato sulle viti. Questa preghiera di lode e ringraziamento, che si innalza verso Dio – ha proseguito il Papa – ritorna come benedizione, che scende da Dio sul dono e lo arricchisce. Il ringraziare, lodare Dio diventa così benedizione, e l’offerta donata a Dio ritorna all’uomo benedetta dall’Onnipotente”. Ma “prima delle parole dell’istituzione”, ha sottolineato il Santo Padre, “vengono i gesti: quello dello spezzare il pane e quello dell’offrire il vino”: “Chi spezza il pane e passa il calice è anzitutto il capofamiglia, che accoglie alla sua mensa i familiari, ma questi gesti sono anche quelli dell’ospitalità, dell’accoglienza alla comunione conviviale dello straniero, che non fa parte della casa. Questi stessi gesti, nella cena con la quale Gesù si congeda dai suoi, acquistano una profondità del tutto nuova: Egli dà un segno visibile dell’accoglienza alla mensa in cui Dio si dona. Gesù nel pane e nel vino offre e comunica Se stesso”. Gesù “sa che la vita sta per essergli tolta attraverso il supplizio della croce, la pena capitale degli uomini non liberi”: con il dono del pane e del vino che offre nell’Ultima Cena, “Gesù anticipa la sua morte e la sua risurrezione realizzando ciò che aveva detto nel discorso del Buon Pastore: 'Io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio'. Egli offre in anticipo la vita che gli sarà tolta e in questo modo trasforma la sua morte violenta in un atto libero di donazione di sé per gli altri e agli altri. La violenza subita si trasforma in un sacrificio attivo, libero e redentivo”. "Ancora una volta nella preghiera, iniziata secondo le forme rituali della tradizione biblica, Gesù mostra la sua identità e la determinazione a compiere fino in fondo la sua missione di amore totale, di offerta in obbedienza alla volontà del Padre. La profonda originalità del dono di Sé ai suoi, attraverso il memoriale eucaristico, è il culmine della preghiera che contrassegna la cena di addio con i suoi”. Guardando i gesti e le parole di Gesù, “vediamo chiaramente che il rapporto intimo e costante con il Padre è il luogo in cui egli realizza il gesto di lasciare ai suoi, e a ciascuno di noi, il Sacramento dell'amore”. Nel suo Vangelo, ha proseguito il Pontefice, Luca ci rivela un “elemento prezioso” dell’Ultima Cena che “permette di vedere la profondità commovente della preghiera di Gesù per i suoi in quella notte, l’attenzione per ciascuno. Partendo dalla preghiera di ringraziamento e di benedizione, Gesù giunge al dono eucaristico, al dono di Se stesso, e, mentre dona la realtà sacramentale decisiva, si rivolge a Pietro” e gli dice: “Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli”. “La preghiera di Gesù, quando si avvicina la prova anche per i suoi discepoli – il commento del Papa – sorregge la loro debolezza, la loro fatica di comprendere che la via di Dio passa attraverso il Mistero pasquale di morte e risurrezione, anticipato nell’offerta del pane e del vino. L’Eucaristia è cibo dei pellegrini che diventa forza anche per chi è stanco, sfinito e disorientato. E la preghiera - ha continuato Benedetto XVI - è particolarmente per Pietro, perché, una volta convertito, confermi i fratelli nella fede. L’evangelista Luca ricorda che fu proprio lo sguardo di Gesù a cercare il volto di Pietro nel momento in cui questi aveva appena consumato il suo triplice rinnegamento, per dargli la forza di riprendere il cammino dietro a Lui”. Partecipando all'Eucaristia, ha affermato, “viviamo in modo straordinario la preghiera che Gesù ha fatto e continuamente fa per ciascuno affinché il male, che tutti incontriamo nella vita, non abbia a vincere e agisca in noi la forza trasformante della morte e risurrezione di Cristo”. Nell’Eucaristia, ha spiegato il Papa, la Chiesa risponde al comando di Gesù: “Fate questo in memoria di me”, ripete “la preghiera di ringraziamento e di benedizione e, con essa, le parole della transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e Sangue del Signore”. Le nostre Eucaristie, perciò, “sono un essere attirati in quel momento di preghiera, un unirci sempre di nuovo alla preghiera di Gesù”. Fin dall’inizio, infatti, “la Chiesa ha compreso le parole di consacrazione come parte della preghiera fatta insieme a Gesù; come parte centrale della lode colma di gratitudine, attraverso la quale il frutto della terra e del lavoro dell’uomo ci viene nuovamente donato da Dio come corpo e sangue di Gesù, come auto-donazione di Dio stesso nell’amore accogliente del Figlio. Partecipando all’Eucaristia, nutrendoci della Carne e del Sangue del Figlio di Dio, noi uniamo la nostra preghiera a quella dell’Agnello pasquale nella sua notte suprema, perche la nostra vita non vada perduta, nonostante la nostra debolezza e le nostre infedeltà, ma venga trasformata”. “Chiediamo al Signore – l’esortazione finale di Benedetto XVI – che, dopo esserci debitamente preparati, anche con il Sacramento della Penitenza, la nostra partecipazione alla sua Eucaristia, indispensabile per la vita cristiana, sia sempre il punto più alto di tutta la nostra preghiera. Domandiamo che, uniti profondamente nella sua stessa offerta al Padre, possiamo anche noi trasformare le nostre croci in sacrificio, libero e responsabile, di amore a Dio e ai fratelli”.
SIR, Radio Vaticana, AsiaNews
L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa