venerdì 17 settembre 2010

Il Papa: la religione nel dibattito politico aiuta a purificare e gettare luce sull’applicazione della ragione nella scoperta dei principi morali

Cinque secoli dopo la condanna a morte di Tommaso Moro dovuta al rifiuto del politico e intellettuale inglese di accettare l’Atto di supremazia del Re sulla Chiesa Cattolica, un Papa è entrato per la prima volta nel Westminster Hall, il grande salone all’interno del Palazzo del Parlamento inglese. Benedetto XVI è arrivato sotto le due torri del Parlamento, sulla riva settentrionale del Tamigi, nel tardo pomeriggio. Il Papa, davanti a 1800 esponenti della società civile e politica, del mondo accademico, culturale e imprenditoriale, oltre ai membri del Corpo Diplomatico e ad alcuni leader religiosi, seduto a metà dell’antica scala del Westminster Hall dove una targa ricorda proprio Moro, ha parlato davanti al vice premier inglese Nick Clegg e a quattro predecessori di David Cameron: Gordon Brown, Tony Blair, John Major e Margaret Thatcher.
''Se i principi morali che sostengono il processo democratico non si fondano, a loro volta, su nient'altro di più solido che sul consenso sociale, allora la fragilità del processo si mostra in tutta la sua evidenza. Qui si trova la reale sfida per la democrazia'' ha detto Benedetto XVI nel suo atteso discorso. Il Pontefice, nel suo testo, ha affrontato il tema dei ''fondamenti etici del discorso civile''. ''Quali sono - si è chiesto - le esigenze che i governi possono ragionevolmente imporre ai propri cittadini, e fin dove esse possono estendersi? A quale autorità ci si può appellare per risolvere i dilemmi morali?''. Si tratta, ha notato Papa Ratzinger, dello stesso ''dilemma'' affrontato da Tommaso Moro. ''Penso - ha detto il Pontefice nella Westminster Hall - agli innumerevoli uomini e donne che lungo i secoli hanno svolto la loro parte in importanti eventi che hanno avuto luogo tra queste mura e hanno segnato la vita di molte generazione di britannici e di altri popoli. In particolare, vorrei ricordare la figura di San Tommaso Moro, il grande studioso e statista inglese, ammirato da credenti e non credenti per l'integrità con cui fu capace di seguire la propria coscienza, anche a costo di dispiacere al sovrano, di cui era 'buon servitore', poichè aveva scelto di servire Dio per primo''.
''Il dilemma con cui Tommaso Moro si confrontava - ha commentato Papa Ratzinger -, in quei tempi difficili'' è la ''perenne questione del rapporto tra ciò che è dovuto a Cesare e ciò che è dovuto a Dio'', ovvero il ''giusto posto che il credo religioso mantiene nel processo politico''. La questione centrale affrontata da Benedetto XVI è quello del ''fondamento etico'' delle scelte politiche, ovvero del ''giusto posto che il credo religioso mantiene nel processo politico''. Per il Papa, il ''ruolo 'correttivo' della religione nei confronti della ragione, tuttavia, non è sempre bene accolto, poiche' delle forme distorte di religione, come il settarismo e il fondamentalismo, ''possono mostrarsi esse stesse causa di seri problemi sociali''. ''A loro volta - ha proseguito -, queste distorsioni della religione emergono quando viene data una non sufficiente attenzione al ruolo purificatore e strutturante della ragione all'interno della religione. E' un processo che funziona nel doppio senso''. ''Senza il correttivo fornito dalla religione - ha argomentato il pontefice - anche la ragione può cadere preda di distorsioni, come avviene quando essa è manipolata dall'ideologia, o applicata in un modo parziale, che non tiene conto pienamente della dignità della persona umana''. Benedetto XVI ha ricordato che fu proprio ''questo uso distorto della ragione, in fin dei conti, che diede origine al commercio degli schiavi e poi a molti altri mali sociali, non da ultimo le ideologie totalitarie del ventesimo secolo. Per questo vorrei suggerire che il mondo della ragione ed il mondo della fede - il mondo della secolarità razionale e il mondo del credo religioso - hanno bisogno l'uno dell'altro e non dovrebbero avere timore di entrare in un profondo e continuo dialogo, per il bene della nostra civiltà''.
''La tradizione cattolica - ha ricordato il Pontefice - sostiene che le norme obiettive che governano il retto agire sono accessibili alla ragione, prescindendo dal contenuto della rivelazione''. ''Secondo questa comprensione - ha aggiunto -, il ruolo della religione nel dibattito politico non è tanto quello di fornire tali norme, come se esse non potessero esser conosciute dai non credenti - ancora meno è quello di proporre soluzioni politiche concrete, cosa che è del tutto al di fuori della competenza della religione - bensì piuttosto di aiutare nel purificare e gettare luce sull'applicazione della ragione nella scoperta dei principi morali oggettivi''. ''Non posso che esprimere la mia preoccupazione di fronte alla crescente marginalizzazione della religione, in particolare del Cristianesimo, che sta prendendo piede in alcuni ambienti, anche in nazioni che attribuiscono alla tolleranza un grande valore''. Benedetto XVI ha espresso anche la sua preoccupazione per chi vorrebbe ''mettere a tacere'' o vedere ''relegata alla sfera puramente privata'' la religione e persino scoraggiare la ''celebrazione pubblica di festività come il Natale'', ''secondo la discutibile convinzione che essa potrebbe in qualche modo offendere coloro che appartengono ad altre religioni o a nessuna''. ''Vi sono altri ancora che - paradossalmente con lo scopo di eliminare le discriminazioni - ritengono che i cristiani che rivestono cariche pubbliche dovrebbero, in determinati casi, agire contro la propria coscienza''. ''Questi - ha concluso - sono segni preoccupanti dell'incapacità di tenere nel giusto conto non solo i diritti dei credenti alla libertà di coscienza e di religione, ma anche il ruolo legittimo della religione nella sfera pubblica. Vorrei pertanto invitare tutti voi, ciascuno nelle rispettive sfere di influenza, a cercare vie per promuovere ed incoraggiare il dialogo tra fede e ragione ad ogni livello della vita nazionale''. ''Il mondo è stato testimone delle vaste risorse che i governi sono in grado di raccogliere per salvare istituzioni finanziarie ritenute 'troppo grandi per fallire'. Certamente lo sviluppo integrale dei popoli della terra non è meno importante: è un'impresa degna dell'attenzione del mondo, veramente 'troppo grande per fallire'''.
Il Pontefice ha ricordato come il governo britannico si sia ''impegnato a devolvere entro il 2013 lo 0,7% del Reddito nazionale in favore degli aiuti allo sviluppo. E' stato incoraggiante, negli ultimi anni, notare i segni positivi di una crescita della solidarietà verso i poveri che riguarda tutto il mondo''. ''Ma - ha aggiunto - per tradurre questa solidarietà in azione effettiva c'è bisogno di idee nuove, che migliorino le condizioni di vita in aree importanti quali la produzione del cibo, la pulizia dell'acqua, la creazione di posti di lavoro, la formazione, l'aiuto alle famiglie, specialmente dei migranti, e I servizi sanitari di base. Quando è in gioco la vita umana, il tempo si fa sempre breve''. Il Papa ha quindi ricordato alcuni impegni comuni del Governo britannico e della Santa Sede, ad esempio nel campo della pace, dei diritti umani, dello sviluppo. “Spero e prego che questa relazione continuerà a portare frutto e che si rifletterà in una crescente accettazione della necessità di dialogo e rispetto, a tutti i livelli della società, tra il mondo della ragione ed il mondo della fede”. Una cooperazione che può portare frutti anche nel Regno Unito: “Sono certo – ha sostenuto Benedetto XVI - che anche in questo Paese vi sono molti campi in cui la Chiesa e le pubbliche autorità possono lavorare insieme per il bene dei cittadini, in armonia con la storica pratica di questo Parlamento di invocare la guida dello Spirito su quanti cercano di migliorare le condizioni di vita di tutto il genere umano”. È necessaria, però, una condizione, ha chiarito il Papa: “Affinché questa cooperazione sia possibile, le istituzioni religiose, comprese quelle legate alla Chiesa cattolica, devono essere libere di agire in accordo con i propri principi e le proprie specifiche convinzioni, basate sulla fede e sull’insegnamento ufficiale della Chiesa”. In questo modo, ha concluso il Santo Padre, “potranno essere garantiti quei diritti fondamentali, quali la libertà religiosa, la libertà di coscienza e la libertà di associazione”.

Il Foglio, Asca, SIR