Circa 1.500 fedeli hanno partecipato ieri a Jiangmen alla prima ordinazione episcopale in Cina dall'ordinazione illecita di padre Joseph Guo Jincai come vescovo di Chengde nel novembre scorso. Padre Paul Liang Jiansen, 46 anni, è stato ordinato vescovo di Jiangmen con l'approvazione del Papa e il riconoscimento del governo, riferisce la Union of Catholic Asian News. L'ordinazione episcopale si è svolta nella Cattedrale del Cuore Immacolato di Maria a Jiangmen, nella zona meridionale della provincia di Guangdong. Più di 40 Vescovi e sacerdoti hanno concelebrato la Messa di ordinazione del vescovo Liang, e la Cattedrale e il cortile erano gremiti, ha riferito UCANews. Centinaia di fedeli hanno seguito l'ordinazione su maxischermi allestiti fuori la chiesa. Il presule ha detto ad AsiaNews di sentirsi “sollevato” e “sostenuto” per il fatto che la Liturgia si sia svolta senza incidenti. Tutto il clero che ha partecipato alla cerimonia è in buone relazioni con la Santa Sede. “La mia croce è pesante”, ha riconosciuto, “ma ho fiducia nel Signore perché mi progetta e mi aiuti nel ministero episcopale”. Il vescovo ha affermato che le sue priorità includono la formazione spirituale di sacerdoti e suore, così come dei laici. “A Pasqua vi saranno cinque o sei nuovi battesimi”, ha aggiunto. La diocesi di Jiangmen era vacante dal 2007, quando il vescovo Pietro Paolo Li Panshi è morto all'età di 95 anni. La diocesi ha circa 20.000 cattolici, soprattutto nelle città di Foshan, Jiangmen e Zhongshan, e in 20 zone rurali. I suoi 7 sacerdoti e le circa 20 suore devono parlare tre lingue, cantonese, hacca e mandarino, per svolgere la propria opera pastorale. La diocesi ospita il Santuario di Shangchuan, che commemora la morte di San Francesco Saverio nel 1552. Il vescovo Liang ha rivelato che il suo stemma reca l'immagine di questo Santo e quella di padre Matteo Ricci. Liang Jiansen è nato nel 1964 ed è stato battezzato nel 1985. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 e ha servito nella diocesi di Jiangmen dal 1995. E' stato nominato vicario generale della diocesi dal suo predecessore, il vescovo Li, ed eletto vescovo di Jiangmen nel novembre 2009. Zenit
























Deposto un cesto di fiori davanti alla lapide che ricorda l’eccidio, il Santo Padre ha attraversato le grotte e raggiunto l’interno del Sacrario, inginocchiandosi davanti alle tombe. Il Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni ha poi recitato in ebraico il salmo 129, il “De Profundis”, e Benedetto XVI ha recitato in italiano il Salmo 23, “Il Signore è il mio Pastore, non manco di nulla”. Il Papa si è poi soffermato davanti a tre tombe: quella del padre del card. Cordero Lanza di Montezemolo, quella di don Pietro Pappagallo, che collaborò intensamente alla lotta clandestina e si prodigò in soccorso di ebrei, antifascisti e perseguitati, e quella di Alberto Funaro, appartenente ad una famiglia ebrea che ha sofferto la perdita di due parenti alle Fosse Ardeatine e di altri venti ad Auschwitz. Uscendo dal Sacrario, lasciando la sua firma nel Libro dei visitatori illustri, il Papa ha aggiunto un verso del Salmo 23: “Non timebo, quia Tu mecum es” (Non temerò, perché Tu sei con me). Prima di congedarsi, sul piazzale antistante il Sacrario ha rivolto un saluto ai familiari delle vittime e a tutti i presenti.
"Come i miei predecessori, sono venuto qui a pregare e a rinnovare la memoria. Sono venuto ad invocare la divina Misericordia, che sola può colmare i vuoti, le voragini aperte dagli uomini quando, spinti dalla cieca violenza, rinnegano la propria dignità di figli di Dio e fratelli tra loro", ha sottolineato Benedetto XVI. "Anch'io, come vescovo di Roma, città consacrata dal sangue dei martiri del Vangelo dell'Amore, vengo a rendere omaggio a questi fratelli, uccisi a poca distanza dalle antiche catacombe. 'Credo in Dio e nell'Italia'. In quel testamento inciso in un luogo di violenza e di morte, il legame tra la fede e l'amore della patria appare in tutta la sua purezza, senza alcuna retorica. Chi ha scritto quelle parole l'ha fatto solo per intima convinzione, come estrema testimonianza alla verità creduta, che rende regale l'animo umano anche nell'estremo abbassamento. Ogni uomo è chiamato a realizzare in questo modo la propria dignità: testimoniando quella verità che riconosce con la propria coscienza", ha detto Benedetto XVI. "Un'altra testimonianza mi ha colpito, e questa fu ritrovata proprio nelle Fosse Ardeatine. Un foglio di carta su cui un caduto aveva scritto: 'Dio mio grande Padre, noi ti preghiamo affinché tu possa proteggere gli ebrei dalle barbare persecuzioni. 1 Pater noster, 10 Ave Maria, 1 Gloria Patri'".
"In quel momento così tragico, così disumano, nel cuore di quella persona c'era l'invocazione più alta: 'Dio mio grande Padre'. Padre di tutti! Come sulle labbra di Gesù, morente sulla croce: 'Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito'. In quel nome, 'Padre' - ha sostenuto il Papa - c'è la garanzia sicura della speranza; la possibilità di un futuro diverso, libero dall'odio e dalla vendetta, un futuro di libertà e di fraternità, per Roma, l'Italia, l'Europa, il mondo. Sì, dovunque sia, in ogni continente, a qualunque popolo appartenga, l'uomo è figlio di quel Padre che è nei cieli, è fratello di tutti in umanità. Ma questo essere figlio e fratello non è scontato. Lo dimostrano purtroppo anche le Fosse Ardeatine. Bisogna volerlo, bisogna dire sì al bene e no al male". "Bisogna credere nel Dio dell'amore e della vita, e rigettare ogni altra falsa immagine divina, che tradisce il suo santo Nome e tradisce di conseguenza l'uomo, fatto a sua immagine. Perciò, in questo luogo, doloroso memoriale del male più orrendo, la risposta più vera è quella di prendersi per mano, come fratelli, e dire: Padre nostro, noi crediamo in Te, e con la forza del tuo amore vogliamo camminare insieme, in pace, a Roma, in Italia, in Europa, nel mondo intero", ha concluso.

