È il primo saluto di Benedetto XVI alla comunità di Castel Gandolfo, che lo ha accolto, come sempre con una grande manifestazione di affetto, nel tardo pomeriggio di ieri, giovedì 7 luglio, quando si è affacciato dalla finestra esterna del Palazzo Pontificio dove trascorrerà il periodo estivo. A dar voce alla risposta dei castellani al saluto del Papa è stata quest’anno la nuova campana della parrocchia di San Tommaso da Villanova. Il Pontefice stesso l’aveva benedetta durante l’udienza del 15 giugno scorso in piazza San Pietro. Essa fa parte di un più ampio progetto realizzato su iniziativa dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (Apsa), che ha riguardato non solo il ripristino dell’antico campanile in ferro, da tempo sprovvisto dell’unica campana, ma ha anche interessato il restauro della facciata, restituita all’antico splendore cromatico della maestria del Bernini. Un particolare che il Papa ha notato appena affacciatosi alla finestra e non ha mancato di sottolineare. Del resto il restauro è stato volutamente portato a termine in occasione del sessantesimo anniversario dell’ordinazione sacerdotale di Benedetto XVI, il cui nome e il cui stemma sono stati incisi nella campana. Da quest’anno, e per tutti quelli a venire, proprio i rintocchi di questa annunceranno l’arrivo del Papa a Castel Gandolfo. "Un evento che si ripete da secoli - ha detto il direttore delle Ville Pontificie, Saverio Petrillo - che io personalmente, ma sono certo anche tutta la comunità castellana, vivo con sempre nuova emozione". In effetti da quattro secoli i Pontefici, durante l’estate, si trasferiscono sui Colli Albani per trascorrere un periodo di riposo estivo. Il primo a farlo fu Urbano VIII. Era il 10 maggio del 1626. Nelle cronache del tempo, raccolte da Emilio Bonomelli, quando era cronista de Il cittadino, il quotidiano cattolico di Brescia fondato da Giorgio Montini, papà di Paolo VI, si racconta quale fosse anche allora l’attesa di questo evento: "Di buonissima ora, in carrozza a sei cavalli, il Papa parte dal palazzo Quirinale. Indossa, come d’abitudine in questi viaggi, la mozzetta e la stola, ed ha al suo fianco il fratello cardinale di Sant’Onofrio. Lo precede il crocifero a cavallo e lo segue la sua nobile corte; sono tutti in abito corto da viaggio: chi a cavallo, chi in lettiga". E segue tutto un elenco di persone con funzioni particolari, dal maestro di casa al confessore, dal "segretario degli Stati" a quelli "dei memoriali e delle Cifre"; e poi ancora il medico segreto, l’elemosiniere, il caudatario, l’aiutante di camera, il coppiere, lo scalco, il maestro delle poste, i chierici segreti, i cappellani, i furieri con la famiglia bassa dei palafrenieri, i lettighieri, gli officiali segreti e quelli comuni. Tutti "scortati dagli svizzeri impennacchiati". E il corteo sollevava un tale polverone che "dalla torre della rocca quelli che erano in vedetta per spiare l’arrivo del pontefice lo notavano già quando giungeva in località Frattocchie e davano il segnale. A quel momento le campane cominciavano a suonare e il borgo rintrona dello scoppio dei mortaretti". Dunque il suono a distesa della nuova campana di San Tommaso da Villanova ad annunciare l’arrivo del Papa rinnova l’originaria tradizione dell’antico borgo dei Castelli. Quella volta il Papa si fermò solo dieci giorni, ma si dovette trovare veramente bene se, rientrato in Vaticano, con documento ufficiale stabilì la sede estiva del Papato nelle Ville ai Castelli romani "affinché il Pontefice - scrisse tra le motivazioni - non abbia bisogno di recarsi nelle dimore altrui per trascorrere le sue vacanze". Per la verità la preoccupazione di Urbano VIII, indiscusso fondatore delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo, di costruire una dimora per le vacanze estive non era un’esigenza solo da lui avvertita. Molti Pontefici infatti stabilirono di costruire "in luogo salubre - si legge ancora nel testo di Bonomelli - un apposito palazzo onde assicurare a sé e ai suoi successori una residenza estiva lontana dall’aria inclemente di Roma". E erano assai numerosi i casi dei Pontefici che periodicamente si allontanavano da Roma per rifugiarsi in campagna. Una tradizione ben collaudata dunque quella che Benedetto XVI riprese già il 5 maggio 2005, recandosi nella cittadina laziale solo pochi giorni dopo la sua elezione. "Ricordo quel pomeriggio con tanta gioia - ci ha detto il direttore Petrillo - poiché dopo l’apprensione per il primo impatto tra il nuovo Pontefice e la nostra realtà capii immediatamente come egli trovasse subito congeniale alla sua natura questa residenza". E tanto è vera questa intuizione del direttore che anche quest’anno, per la seconda volta consecutiva, il Papa ha declinato ogni invito e ha deciso di trascorrere interamente a Castel Gandolfo le sue vacanze. Benedetto XVI anche ha motivato questa scelta proprio al suo arrivo salutando i castellani: "Qui c’è tutto le montagne, il lago, il mare...". Anche il mare. Per descrivere la natura che circonda il luogo gli aggettivi passano al superlativo. Gli spazi verdi dominano in lungo e in largo, il panorama è incantevole da qualsiasi prospettiva, dalla parte del Mar Tirreno, visibile sulla linea d’orizzonte, dalla parte del lago di Castel Gandolfo, sempre vissuto e movimentato; dalla parte delle pendici che circondano le Ville e persino dall’affaccio sul borgo di Albano, con la sua caratteristica piazzetta ornata dalle antiche botteghe che, seppure ammodernate, non hanno perso l’impronta e il fascino antico. E c’è poi la gente di Castello, che con l’arrivo del Papa sembra riprender vita. "È l’apertura stessa del Palazzo - dicono gli anziani del posto - la comparsa delle Guardie Svizzere sull’uscio che cambiano il volto di Castello. E poi comincia il grande movimento della gente che sale sin qui per vedere il Papa. Per un periodo di tempo ci sembra di essere al centro dell’attenzione del mondo intero. È una bella sensazione".
L'Osservatore Romano