giovedì 27 ottobre 2011

Testimonianze di pace (1). Le parole dei cristiani Bartoloemo I, Rowan Williams, Norvan Zakarian, Olav Tveit e dell'ebreo David Rosen

“È dall'indifferenza che nasce l'odio, è dall'indifferenza che nasce il conflitto, è dall'indifferenza che nasce la violenza. Contro questi mali, solo il dialogo è una soluzione percorribile e a lungo termine”. Lo ha detto il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I nel suo intervento di saluto, il primo dei dieci previsti, alle delegazioni religiose presenti nella Basilica di Santa Maria degli Angeli. “In quanto capi religiosi – ha aggiunto -, il nostro ruolo è soprattutto quello di promuovere“ il dialogo e di “mostrare attraverso il nostro esempio quotidiano che noi non viviamo unicamente gli uni contro gli altri, o gli uni accanto agli altri, ma piuttosto gli uni insieme agli altri, in uno spirito di pace, di solidarietà e di fraternità”. “Ancora oggi, venticinque anni dopo il primo incontro convocato dal Beato Giovanni Paolo II – ha proseguito il Patriarca - proprio qui ad Assisi, dieci anni dopo i drammatici eventi dell'11 settembre e nel momento in cui le ‘primavere arabe’ non hanno messo fine alle tensioni intercomunitarie, il posto delle religioni tra i fermenti in atto nel mondo resta ambiguo”. “Dobbiamo opporci alla deformazione del messaggio delle religioni e dei loro simboli da parte degli autori di violenza. Sviluppare il religioso mediante il religioso stesso, questa è l'esigenza necessaria per promuovere la dimensione umanitaria di una figura del divino che si vuole misericordioso, giusto e caritatevole”. “Le sfide del nostro tempo sono tali che nessun gruppo religioso può pretendere di avere tutte le risorse pratiche di cui ha bisogno per affrontarle”. Un appello ad agire insieme è quello lanciato dall’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, leader spirituale della Comunione Anglicana. “Non siamo qui – ha detto l’arcivescovo - per affermare un minimo comune denominatore di ciò che crediamo, ma per levare la voce dal profondo delle nostre tradizioni, in tutta la loro singolarità, in modo che la famiglia umana possa essere più pienamente consapevole di quanta sapienza vi sia da attingere nella lotta contro la follia di un mondo ancora ossessionato da paura e sospetti, ancora innamorato dell'idea di una sicurezza basata su di una ostilità difensiva, e ancora in grado di tollerare o ignorare le enormi perdite di vite tra i più poveri a causa di guerre e malattie. Tutti questi fallimenti dello spirito hanno la loro radice in larga misura nell'incapacità di riconoscere gli estranei come persone che condividono con noi l'unica e medesima natura, l'unica e medesima dignità della persona. Una pace duratura inizia là dove noi vediamo il nostro prossimo come un altro noi stessi - e dunque iniziamo a comprendere perché e come dobbiamo amare il prossimo come noi stessi”.
“Le differenze religiose non possono e non devono costituire una causa di conflitto. Piuttosto, la ricerca comune della pace da parte di tutti i credenti è un profondo fattore di unità tra i popoli”. È l’appello portato dal primate della diocesi di Francia della Chiesa apostolica armena Norvan Zakarian.
“La promozione della pace nel mondo – ha sottolineato Zakarian – costituisce parte integrante della missione secondo la quale la Chiesa continua l’opera redentrice del Cristo sulla terra”, elevando “gli uomini al di sopra della loro semplice condizione umana per condurli verso l’assoluto”. “La promozione di un’autentica pace – ha ribadito il rappresentante della Chiesa apostolica armena – rappresenta un’espressione della fede cristiana nell’amore che Dio nutre per ciascun essere umano. Dalla fede liberatrice nell’amore di Dio derivano una nuova visione del mondo e un nuovo modo di rapportarsi all’altro, sia che si tratti di un individuo sia di un intero popolo”. È “una fede che cambia e rinnova la vita”, sotto il cui impulso “la Chiesa desidera promuovere l’unità dei cristiani e al tempo stesso una collaborazione fruttuosa con i credenti delle altre religioni e, più in là, con tutti gli uomini in generale”.
“Lavorare per una pace giusta a Gerusalemme e per tutti i popoli che vivono a Gerusalemme e intorno a quella città”. È il “preciso impegno” preso da Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese (World council of churches-Wcc). Gerusalemme, ha aggiunto, “è la città che per il suo nome è chiamata a essere una visione di pace, ma che nel corso della storia è divenuta così spesso un luogo di conflitto”, “simbolo visibile del nostro anelito, dei nostri migliori e più alti desideri, del nostro amore per la bellezza e del nostro desiderio di servire Dio”, ma al tempo stesso “potente richiamo a come anche le cose migliori possano volgersi per il peggio”.
Nel suo intervento, Tveit ha sottolineato che “il mondo ha bisogno di costruttori di pace a partire dalla fede” e “le comunità di fede, come le 349 Chiese del Wcc, hanno bisogno di giovani ‘portatori di cambiamento’ del mondo”. “Anche oggi la pace nel mondo richiede le idee e il contributo dei giovani”, ha richiamato il segretario del Wcc, vedendo un ostacolo alla “pace giusta” nell’“alto livello di disoccupazione tra i giovani in tutto il mondo”, segno che “stiamo mettendo in gioco il benessere e la felicità di una generazione”.
“Un debito di gratitudine alla memoria del Beato Giovanni Paolo II” per aver dimostrato “in una maniera così visibile” l’aspirazione degli uomini e delle donne di fede la loro aspirazione alla pace. E “dobbiamo essere profondamente grati al suo successore, Papa Benedetto XVI per aver continuato questo cammino”. Ad esprimere questi sentimenti è stato il Rabbino David Rosen, rappresentante del Gran Rabbinato di Israele . “I saggi del Talmud – ha detto il Rabbino - ci insegnano che pace non solo è il nome di Dio, ma è anche il prerequisito indispensabile per la redenzione”. “Inoltre, i nostri saggi sottolineano che non vi è altro valore per cercare il quale siamo obbligati ad uscire dalla nostra strada, come accade per la pace”. “Possa l'incontro di oggi rinvigorire tutti gli uomini e dorme di fede e di buona volontà per moltiplicare i nostri sforzi e fare di questo obiettivo una realtà, realtà che porti vera benedizione e guarigione all'umanità, come sta scritto: ‘Pace, pace ai lontani e ai vicini e io li guarirò’”.

SIR