giovedì 27 ottobre 2011

Testimonianze di pace (2). Le parole dei rappresentanti della religione Yoruba, del buddismo, dell'induismo, dell'islam e dei non credenti

“È venuto il tempo per i leader di tutte le religioni del mondo di avere un nuovo quadro concettuale in cui alle religioni indigene venga dato lo stesso rispetto e considerazione delle altre religioni. Non possiamo avere pace nel mondo quando non rispettiamo, abusiamo, o disprezziamo i nostri vicini”. A chiederlo è stato Wande Abimbola, Awise Agbaye, che ad Assisi ha portato il saluto dei popoli d'Africa e dei membri della religione yoruba nel mondo, di cui è portavoce. Nel suo intervento, Agbaye ha ricordato che “condizione fondamentale per la pace è che tutte le persone di fede abbiano rispetto e amore le une per le altre. Relazioniamoci alle persone per il carattere che hanno – ha affermato - non sulla base della religione che praticano. Lavoriamo tutti insieme per un maggiore rispetto, amore e giustizia, mentre al tempo stesso ci manteniamo fedeli alle dottrine delle religioni che abbracciamo”. Dal portavoce è giunto anche un appello al pluralismo religioso, “la nostra religione, così come le religioni praticate da altra gente, sono valide e preziose agli occhi dell'Onnipotente” e al rispetto per la natura, “sino a quando alla natura non verrà dato il giusto rispetto ed onore nei nostri pensieri ed azioni, gli esseri umani non potranno trovare la vera pace e la tranquillità che noi tutti andiamo cercando”. “La pace non può mai essere raggiunta con mezzi violenti”: è il messaggio portato da Acharia Shri Shrivatsa Goswami, indiano, rappresentante della religione Hindu, che ha ricordato le figure di Krishna, Buddha, Mahatma Gandhi, Martin Luther King e il vescovo Tutu, “tutti pellegrini di pace che affermano che non c'è una via per la pace. La pace stessa è la via. Il nostro comune obiettivo di pace può essere raggiunto mediante il nostro impegno per la verità. Per il Mahatma Gandhi, la Verità era Dio”.
“Questo impegno – ha aggiunto Goswami - anche se ostacolato e impedito, trova ugualmente la propria via mediante la non-violenta non-cooperazione. La storia rende testimonianza alla sua forza”. Venticinque anni dopo dall’incontro di Assisi voluto da Giovanni Paolo II, “dobbiamo riflettere sul nostro progresso su questa strada. Perché non siamo arrivati più vicini a dove egli voleva essere? Siamo mancanti nella parte interiore del viaggio? Il dialogo – ha sottolineato il rappresentante hindu - sarà un esercizio futile se non lo intraprendiamo con umiltà, pazienza e il desiderio di rispettare l’altro, e ciò senza pretendere lo stesso in cambio. Questo ci renderà capaci di dire ‘no’ all'ingiustizia. Ciò richiede molto coraggio e quel coraggio verrà solo dalla preghiera”.
“Non c'è posto per la violenza o il terrorismo nella religione, che sottolinea come ogni vita è preziosa e deve essere amata. Ciascuna delle nostre vite è un fiore bellissimo che fa del mondo un unico fiore e lo rende un luogo glorioso e magnifico”. Sono parole di Ja-Seung, presidente dello “Jogye Order” (buddismo coreano). Contro la violenza ed il terrorismo Ja-Seung ha lanciato la proposta di “una fraternità in favore della vita, per eliminare le radici della violenza e della guerra condotta in nome della religione o dell'ideologia; una fraternità in favore della pace, così che la coesistenza armoniosa ed il mutuo rispetto siano resi possibili in questo mondo, indipendentemente dalla religione, dalla razza e dalla cultura”. “Per di più – ha proseguito - dobbiamo accettare le nostre differenze culturali e superare i conflitti culturali mediante la mutua comprensione e la crescita spirituale”. Da qui la necessità di “una fraternità in favore della cultura e in favore del condividere, per aiutare quelle persone che ancora soffrono per la povertà, la fame e l'ingiustizia”. Infine, è stata la conclusione, “vorrei proporre una fraternità in favore dell’azione, affinché tutti possiamo sperimentare questa verità personalmente ed aiutare a rendere questo mondo puro e profumato come un fiore”.
“Portare a tutti i credenti la libertà di comprendere veramente il proprio destino” e “correggere le comprensioni errate della religione che portano a conflitti sociali tra l’umanità”. È “il nostro dovere, come comunità religiose”, enunciato nella "testimonianza di pace", riportata nel sussidio per la Giornata, del segretario generale della conferenza internazionale degli studiosi islamici, Kyai Haji Asyim Muzadi.
L’esponente islamico ha inoltre esortato a “essere saggi per discernere quei problemi che possono essere definiti come religiosi da quelli che si presentano abusivamente come problemi religiosi”, ad esempio “interessi delle autorità politiche” che vengono “etichettati come questioni religiose, mentre in realtà sono ben lontani dall’essere tali”. “Religioni autentiche, con i propri salutari insegnamenti – ha osservato Muzadi –, possono avere seguaci che non sono in grado di comprenderne il carattere salutare in maniera piena e completa”, e da qui “non vi è dubbio che l’errore nella conoscenza religiosa abbia portato alla distorsione della religione stessa”. “Ogni religione – ha aggiunto – possiede la propria identità”, con “somiglianze e differenze”, dove “carattere comune” è “la speranza per la creazione di armonia tra gli uomini, pace, giustizia, prosperità e un migliore livello di vita”.

“Le parole di Giovanni Paolo II, ‘Non abbiate paura!’, non sono indirizzate unicamente ai credenti”. È il richiamo di Julia Kristeva, docente bulgara, che ha parlato a nome dei non credenti. “L’appello del Papa, apostolo dei diritti umani, ci spinge anche a non temere la cultura europea, ma, al contrario, a osare l’umanesimo; nel costruire delle complicità tra l’umanesimo cristiano e quello che, scaturito dal Rinascimento e dall’Illuminismo, ha l’ambizione di aprire le strade rischiose della libertà”. “Poiché risveglia i desideri di libertà di uomini e donne, l’umanesimo – ha evidenziato – c’insegna a prenderci cura di essi. La cura amorosa per l’altro, la cura della terra, dei giovani, dei malati, degli handicappati, degli anziani non autosufficienti costituiscono delle esperienze interiori che creano delle nuove prossimità e solidarietà inattese”. Infine, “per la prima volta” oggi l’uomo “è in grado di distruggere la terra e se stesso”, come pure “rivalutare in completa trasparenza la religiosità costitutiva dell’essere umano”. “L’incontro delle nostre diversità qui, ad Assisi, testimonia – ha concluso – che l’ipotesi della distruzione non è l’unica possibile” e “la rifondazione dell’umanesimo non è né un dogma provvidenziale né un gioco dello spirito, è una scommessa”.

SIR