“Quando sono arrivato a Roma – dice a Vatican Insider il card. Joao Braz de Aviz (foto), chiamato nel gennaio 2011 da Papa Benedetto XVI a guidare la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica - non sapevo che c’era questa situazione - che però è oggettiva. C’erano molte difficoltà di rapporti per via di posizioni che avevamo assunto. Senza nessuna polemica, abbiamo cercato soprattutto di ripristinare la fiducia”. Per il porporato brasiliano, creato cardinale dal Pontefice lo scorso 18 febbraio, a poco più di un anno dall'inizio del suo lavoro in Vaticano, è tempo di bilanci. Prima di tutto, dal punto di vista personale. Per lui, che era vescovo di Brasilia, una diocesi con due milioni e mezzo di persone e 400 preti, il primo impatto con Roma è stato quello di una certa solitudine: “Avevo un rapporto molto diretto con il popolo. A Roma, invece, c'è una cultura più seria, che non cerca tanto i rapporti interpersonali. Questo ci fa molto bene, ci purifica molto. Ma fa anche un po’ patire”. Poi, l'impatto con la 'macchina' di una grande organizzazione internazionale come il Vaticano, una “montagna di carta” dietro cui, a volte, è difficile ricordare che sempre “c’è una persona”: “Qui arrivano sempre le cose problematiche. E’ logico che sia così. Però bisogna, capire, discernere, aspettare, lavorare con gli altri, e trovare la strada per aiutare, non per condannare”. I problemi, in effetti, non sono mancati: dallo scandalo pedofilia ai Legionari di Cristo, dalla controversa ispezione vaticana nei confronti delle suore americane, avviata anni prima con uno strascico di polemiche, alla crisi - apparentemente irreversibile, almeno in Occidente - di molti ordini religiosi con tradizionali secolari se non millenarie. Sulla questione degli abusi, ad esempio, è in dirittura d'arrivo il rapporto finale dopo la 'visita apostolica' ordinata nei confronti della Chiesa irlandese: “Mi sembra che la situazione sia progredita molto perché c’è stata una grande collaborazione”, dice il porporato. Anche nei confronti delle religiose statunitense, è in corso di elaborazione un documento conclusivo. La “grande tensione” iniziale, per il prefetto dei religiosi, è “già superata”, anche perché accuse come quella di volere il sacerdozio femminile – una strada che, ribadisce Braz de Aviz, per la Chiesa cattolica è “chiusa” - non poteva essere rivolta indistintamente “a tutte le suore degli Stati Uniti”. Quello che conta, piuttosto, è ripensare il ruolo della donna al di là dei “parametri culturali che l'hanno costretta a stare sottomessa, anche all’interno della Chiesa, in molti modi che bisogna correggere – senza, però, togliere alla donna la sua funzione tipica, che è quella dell’amore”. Si tratta di un problema “complesso”, sottolinea il cardinale, perché mette in discussione l'intera questione dell'autorità all'interno della Chiesa. Una questione che è emersa in maniera lampante nella vicenda dei Legionari di Cristo che, proprio nel suo ramo femminile, sta sperimentando in queste settimane un vero e proprio esodo. “Hanno perso quasi trecento ragazze consacrate”, racconta il porporato. Ma quel che più preoccupa, aggiunge, è che a volte i Legionari “sono incapaci di sentire cosa stia accadendo all’interno” del loro stesso movimento. Colpa anche del “troppo rigorismo disciplinare”, del troppo potere che i superiori hanno in mano, “a volte anche in campi che la Chiesa non ha mai lasciato autorità, ad esempio sulla questione della direzione spirituale e della confessione”. Per il porporato, di fronte alle crisi recenti, l'esempio di Papa Ratzinger è stato prezioso: “Abbiamo parlato a cuore aperto, sempre con molta onestà, perché il Papa ci chiede la trasparenza. Ha avuto il coraggio di dire che ci sono i problemi”. Benedetto XVI è un uomo “capace di lasciarsi confrontare” dai problemi senza però perdere la “capacità di discernere e dire la sua parola”. Il suo 'metodo', per il porporato brasiliano, è “riconoscere la verità” e dirla “con semplicità”, senza imposizioni. Un “atteggiamento straordinario di maturità”, come lo chiama Braz de Aviz, che però contrasta con la cronaca recente arrivata dal Vaticano, all'insegna di corvi e veleni. “Se ci sono dei problemi la strada migliore è chiamarli per il loro nome – è commento del cardinale alla vicenda -. Ma non è bello che qualcuno si approfitti di questa situazione e tragga profitto per se stesso, facendo una cosa che è non è corretta. Non so come sia successo, noi tutti cerchiamo di capire come sia successo”. Per il cardinale brasiliano - che non ha mai nascosto la sua ammirazione per a teologia della liberazione, meritevole di aver messo in evidenza come l’opzione preferenziale per i poveri sia una “opzione evangelica”, senza la quale il Vangelo non può essere vissuto – la Chiesa deve anche continuare sulla strada di un riequilibrio al suo interno tra Nord e Sud. A pochi è sfuggito che proprio Braz de Aviz sia stato l'unico sudamericano a ricevere la porpora contro, ad esempio, ben sette italiani. La decisione sui nuovi cardinali, naturalmente, spetta al papa ma, aggiunge il prefetto dei religiosi, “in Brasile abbiamo 10 cardinali. Però sette sono già emeriti. Siamo in un momento di grande cambiamento”. Al di là degli equilibri meramente numerici, per il porporato è importante ripetere che la globalizzazione è un fenomeno “molto positivo, perché fa capire che tutta l’umanità è una famiglia”. “Stiamo camminando – conclude -. E la Chiesa dà il suo contributo e ha le sue ombre. Ma anche faranno molto bene, perché ci aiutano a purificarci”.
Alessandro Speciale, Vatican Insider