Questo pomeriggio, il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto nella Chiesa dei Santi Andrea e Gregorio al monte Celio in Roma, la celebrazione dei primi Vespri della III Domenica di Quaresima, con la partecipazione di Rowan Williams, arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione Anglicana. Occasione della celebrazione, con la visita dell’Arcivescovo di Canterbury, il Millenario della fondazione della Casa Madre dei Camaldolesi e la memoria del Transito di San Gregorio Magno, il Papa che proprio da questo monastero inviò Agostino e i suoi quaranta monaci ad evangelizzare gli Angli.Nell'omelia, ripercorrendo i brani di San Paolo, il Papa ha rivolto alcune esortazioni: quella di aprirsi alla grazia, “di approfittare del momento opportuno” e di accogliere nella propria vita Gesù stesso, la sua Persona, la sua Parola e il suo Spirito. E quella di sforzarsi per essere fedele a Dio ogni giorno nel proprio ministero “perché esso sia efficace e non risulti invece ostacolo per la fede”. “Queste parole ci fanno pensare a San Gregorio Magno, alla testimonianza luminosa che diede al popolo di Roma e alla Chiesa intera con un servizio irreprensibile e pieno di zelo per il Vangelo. Veramente si può applicare anche a Gregorio ciò che Paolo scrisse di sé: la grazia di Dio in lui non è stata vana. E’ questo, in realtà, il segreto per la vita di ciascuno di noi: accogliere la grazia di Dio e acconsentire con tutto il cuore e con tutte le forze alla sua azione. E’ questo il segreto anche della vera gioia, e della pace profonda”. Ancora il Papa ha insistito sulle parole che l’Apostolo rivolge ai Colossesi per formarli secondo il Vangelo, perchè agiscano nel nome del Signore in qualunque cosa facciano, “e perchè vivano secondo la misura alta della vita cristiana che è la santità”. “Anche qui alla base di tutto c’è la grazia di Dio, c’è il dono della chiamata, il mistero dell’incontro con Gesù vivo. Ma questa grazia domanda la risposta dei battezzati: richiede l’impegno di rivestirsi dei sentimenti di Cristo: tenerezza, bontà, umiltà, mansuetudine, magnanimità, perdono reciproco, e sopra tutto, come sintesi e coronamento, l’agape, l’amore che Dio ci ha donato mediante Gesù e che lo Spirito Santo ha effuso nei nostri cuori. E per rivestirsi di Cristo è necessario che la sua Parola abiti tra noi e in noi con tutta la sua ricchezza, e in abbondanza”. "In un clima di costante rendimento di grazie - ha proseguito il Pontefice -, la comunità cristiana si nutre della Parola e fa risalire verso Dio, come canto di lode, la Parola che Lui stesso ci ha donato. Ed ogni azione, ogni gesto, ogni servizio, viene compiuto all’interno di questa relazione profonda con Dio, nel movimento interiore dell’amore trinitario che scende verso di noi e risale verso Dio, movimento che nella celebrazione del Sacrificio eucaristico trova la sua forma più alta". “La Congregazione dei Monaci Camaldolesi - ha affermato Benedetto XVI - ha potuto percorrere mille anni di storia nutrendosi quotidianamente della Parola di Dio nell’Eucarestia”, come aveva fatto il loro fondatore San Romualdo, secondo il “triplex bonum”, della solitudine, della vita in comune e dell’evangelizzazione. Da qui il Papa ha preso spunto per ricordare alcune personalità di spicco, zelanti Pastori della Chiesa che hanno saputo mostrare gli orizzonti e la grande fecondità della tradizione camaldolese. Ricorda le foresterie, importanti luoghi di accoglienza, il “Codice di Camaldoli”, una delle fonti più significative per la costituzione della Repubblica italiana, gli anni propizi del Concilio Vaticano II, per la nascita di nuovi insediamenti della Congregazione negli Stati Uniti, in India, Tanzania e Brasile. Riprendendo le parole di Giovanni Paolo II, il Papa ha invitato i monaci a scegliere sempre Dio nella vita eremitica come nella preghiera comune e ad accogliere sempre i fratelli, secondo il motto dei Camaldolesi “Ego Vobis, Vos Mihi”, sintesi della formula di alleanza tra Dio e il suo Popolo.“Il mio Beato Predecessore sottolineò inoltre che 'scegliere Dio vuol dire anche coltivare umilmente e pazientemente – accettando, appunto, i tempi di Dio – il dialogo ecumenico e il dialogo interreligioso', sempre a partire dalla fedeltà al carisma originario ricevuto da San Romualdo e trasmesso attraverso una millenaria e pluriforme tradizione”. "Il Monastero di San Gregorio al Celio - ha continuato il Pontefice - è il contesto romano in cui celebriamo il millennio di Camaldoli insieme con l'arcivescovo di Canterbury che, insieme con noi, riconosce questo Monastero come luogo nativo del legame tra il Cristianesimo nelle Terre britanniche e la Chiesa di Roma". “Per la terza volta oggi il Vescovo di Roma incontra l’arcivescovo di Canterbury nella casa di san Gregorio Magno. Ed è giusto che sia così, perché precisamente da questo Monastero il Papa Gregorio scelse Agostino e i suoi quaranta monaci per inviarli a portare il Vangelo fra gli Angli, poco più di mille e quattrocento anni fa. La presenza costante di monaci in questo luogo, e per un tempo così lungo, è già in se stessa testimonianza della fedeltà di Dio alla sua Chiesa, che siamo felici di poter proclamare al mondo intero”. L’augurio finale del Papa è affinché la comunione vissuta nella celebrazione dei Vespri “resti non soltanto come ricordo del nostro incontro fraterno, ma anche come stimolo per tutti i fedeli, cattolici ed anglicani, affinché, visitando a Roma i sepolcri gloriosi dei santi Apostoli e Martiri, rinnovino anche l’impegno di pregare costantemente e di operare per l’unità, per vivere pienamente secondo quell’'ut unum sint' che Gesù ha rivolto al Padre”.
Radio Vaticana, SIR
PRIMI VESPRI DELLA TERZA DOMENICA DI QUARESIMA CON LA PARTECIPAZIONE DELL’ARCIVESCOVO DI CANTERBURY NELLA CHIESA DEI SANTI ANDREA E GREGORIO AL MONTE CELIO IN ROMA - il testo integrale dell'omelia del Papa