lunedì 23 aprile 2012

Earth Day. Benedetto XVI è il Papa che più di ogni altro ha fatto riferimento all’ambiente-creato e alla necessità della sua salvaguardia

“Il Tirolo l’hanno fatto gli angeli!”. Aveva detto proprio così Papa Benedetto XVI esprimendo tutto l’orgoglio e la riconoscenza nei confronti della sua gente nel corso dell’udienza privata del novembre scorso con alcuni abitanti di Naz-Sciavez/Natz-Schabs, da cui prende inizio la val Pusteria/Pustertal. Neppure tremila abitanti (oltre il 93% di lingua tedesca), terra di origine di Maria Tauber-Peintner, nonna di Joseph Ratzinger, nata nel maso Toell, nella piccola frazione di Rasa, a soli 5 km da Bressanone-Brixen, e dove aveva fatto visita in numerose occasioni, da quella prima volta in bicicletta nel 1940, insieme ai suoi fratelli. Ricevendo la cittadinanza onoraria dal sindaco Peter Gasser aveva continuato: “Ho potuto sempre percepire la vicinanza di Dio che si esprime nella bellezza di queste terre, una bellezza che non è solo intrinseca, perché frutto della creazione , ma che è tale perché gli uomini hanno risposto al Creatore e da questa collaborazione – tra il Creatore, i suoi angeli e gli uomini - è nata una terra bellissima, una terra di cui sono orgoglioso di farne parte in un certo qual modo”. La natura, la creazione e la vita degli uomini si raccordino in un’unica sinfonia, perché ogni generazione continui ad operare per mantenere questa terra bella com’è, bella anche dal di dentro, nel cuore delle persone, così che possa aiutare ogni uomo a vivere degnamente”. Ieri, 22 aprile, proclamato dall’Onu "Earth Day" (giorno della terra), quelle parole ci ricordano come Benedetto XVI sia il Papa che più di ogni altro ha fatto riferimento all’ambiente/creato e alla necessità della sua salvaguardia, tanto che il quotidiano Washington Post è uscito con una serie di citazioni-chiave che dovrebbero allontanare ogni dubbio sulla sua volontà di far passare quella che più volte è stata definita “un’ecologia dell’uomo”. Il richiamo al creato e all’umanità fa eco a quelle parole, pronunciate nella sua lingua madre, al Bundestag, di fronte ai parlamentari tedeschi nel corso dell’ultimo viaggio in Germania. “Direi che la comparsa del movimento ecologico nella politica tedesca a partire dagli anni ‘70, pur non avendo forse spalancato finestre, tuttavia è stata e rimane un grido che anela all'aria fresca, un grido che non si può ignorare né accantonare, perché vi si intravede troppa irrazionalità". Parole forti e scomode, ben presto dimenticate, eppure quelle parole rimandano a tanti discorsi precedenti, e prima fra tutte l’Enciclica "Caritas in veritate". Perché l’emergere del movimento ecologista è stato per il papa quell’"invocazione di aria fresca" che non si poteva non ascoltare e che avrebbe dato una svolta anche alla dottrina sociale della Chiesa. “Come rimanere indifferenti di fronte alle problematiche che derivano da fenomeni quali i cambiamenti climatici, la desertificazione, il degrado e la perdita di produttività di vaste aree agricole, l’inquinamento dei fiumi e delle falde acquifere, la perdita della biodiversità, l’aumento di eventi naturali estremi, il disboscamento delle aree equatoriali e tropicali? - ammoniva Papa Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata per la Pace 2010, 'Se vuoi coltivare la Pace, custodisci il creato', al n. 4 - come trascurare il crescente fenomeno dei cosiddetti : persone che, a causa del degrado dell’ambiente in cui vivono, lo devono lasciare – spesso insieme ai loro beni – per affrontare i pericoli e le incognite di uno spostamento forzato?”. Tema che era stato poi ripreso nel Messaggio dei vescovi italiani, “In una terra ospitale educhiamo all’accoglienza”, per il 1° settembre 2011, giornata tradizionalmente dedicata dalla CEI al Creato. Nella "Caritas in veritate", il capitolo quarto “Sviluppo dei popoli, diritti, doveri, ambiente”, dopo aver ricordato il problema dell’energia in termini di responsabilità globale, il discorso si allarga alla concezione di un creato come casa comune dove ciascuno viene accolto, fratello tra fratelli. La natura è talmente integrata nelle dinamiche sociali e culturali da non costituire quasi più una variabile indipendente. Incentivando lo sviluppo economico e culturale delle popolazioni, si tutela anche la natura, senza dimenticare quante risorse naturali sono devastate dalle guerre e che l’accaparramento delle risorse, specialmente dell’acqua, può provocare gravi conflitti tra le popolazioni coinvolte. “Il tema dello sviluppo coincide con quello dell'inclusione relazionale di tutte le persone e di tutti i popoli nell'unica comunità della famiglia umana, che si costruisce nella solidarietà sulla base dei fondamentali valori della giustizia e della pace” (n.54). Il Papa avverte il rischio, ecco il titolo di “ecologia dell’uomo”, “che all'interdipendenza di fatto tra gli uomini e i popoli non corrisponda l'interazione etica delle coscienze e delle intelligenze, dalla quale possa emergere come risultato uno sviluppo veramente umano (n.9). Le cause non sarebbero tanto di ordine materiale, ma nella “volontà dell’uomo che disattende i doveri della solidarietà” oppure nella “scarsità di risorse sociali” (n.27). “La società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli” (n.19). “L'incetta delle risorse naturali, che in molti casi si trovano proprio nei Paesi poveri, genera sfruttamento e frequenti conflitti tra le Nazioni e al loro interno … la comunità internazionale ha il compito imprescindibile di trovare le strade istituzionali per disciplinare lo sfruttamento delle risorse non rinnovabili, con la partecipazione anche dei Paesi poveri, in modo da pianificare insieme il futuro “(n.49) e “interpretarne adeguatamente le attese” (n.72). La questione ambientale, secondo Benedetto XVI, è questione antropologica, e di conseguenza teologica. Il 6 agosto 2008, in occasione delle ferie a Bressanone/Brixen: “Ritengo che il legame inscindibile tra creazione e redenzione debba ricevere nuovo rilievo. Negli ultimi decenni la dottrina della creazione era quasi scomparsa in teologia...Ora ci accorgiamo dei danni che ne derivano. Il Redentore è il Creatore e se noi non annunciamo Dio in questa sua totale grandezza – di Creatore e di Redentore – togliamo valore anche alla redenzione. Egli è il Dio dell’insieme e non solo di una parte. Se riconosceremo questo, ne conseguirà ovviamente che la redenzione, l’essere cristiani, o semplicemente la fede cristiana significano sempre e comunque anche responsabilità nei riguardi della creazione. Venti, trenta anni fa si accusavano i cristiani – non so se questa accusa sia ancora sostenuta – di essere i veri responsabili della distruzione della creazione, perché la parola contenuta nella Genesi – 'Soggiogate la terra' – avrebbe portato a quella arroganza nei riguardi del creato di cui noi oggi sperimentiamo le conseguenze. Penso che dobbiamo nuovamente imparare a capire questa accusa in tutta la sua falsità: fino a quando la terra è stata considerata creazione di Dio, il compito di "soggiogarla" non è mai stato inteso come un ordine di renderla schiava, ma piuttosto come compito di essere custodi della creazione e di svilupparne i doni...Se osserviamo quello che è nato intorno ai monasteri, come in quei luoghi siano nati e continuino a nascere piccoli paradisi, oasi della creazione, si rende evidente che tutto ciò non sono soltanto parole, ma dove la Parola del Creatore è stata compresa nella maniera corretta, dove c’è stata vita con il Creatore e Redentore, lì ci si è impegnati a salvare la creazione e non a distruggerla”. Non si può negare che il mondo laico e poi quello ortodosso e le diverse chiese evangelico-luterane (1989, assemblea ecumenica di Basilea), abbiano preso consapevolezza, ben prima di noi cattolici, che questo rapporto con la natura si fosse deteriorato nei secoli, ma Benedetto XVI, sulla scia del suo predecessore, ma aggiungendo una serie motivazioni teologiche, invoca un cambio di mentalità che non ha precedenti nella storia. “Non si tratta soltanto di trovare tecniche che prevengano i danni, anche se è importante trovare energie alternative ed altro. Tutto questo non sarà sufficiente se noi stessi non troveremo un nuovo stile di vita, una disciplina fatta anche di rinunce, una disciplina del riconoscimento degli altri, ai quali il creato appartiene tanto quanto a noi che più facilmente possiamo disporne; una disciplina della responsabilità nei riguardi del futuro degli altri e del nostro stesso futuro”, diceva nell’agosto 2008. “Dobbiamo avvertire come dovere gravissimo quello di consegnare la terra alle nuove generazioni in uno stato tale che anch'esse possano degnamente abitarla e ulteriormente coltivarla” ("Caritas in veritate", n.50). "La crisi ecologica offre un'opportunità storica per sviluppare un piano d'azione comune volta a orientare il modello di sviluppo globale verso un maggiore rispetto per il creato e di uno sviluppo umano integrale ispirato ai valori propri della carità nella verità" (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2010). “Il Papa non è mai stato timido nei confronti dell’ambiente” è un po’ la sintesi dei commenti di questi giorni: potremmo dar loro torto? Per l’occasione la Libreria Editrice Vaticana ha pubblicato "Benedetto XVI 'Per un’ecologia dell’uomo. Antologia di testi'", a cura di Maria Milvia Morciano con prefazione di Jean-Louis Brugès, euro 21,00.

Maria Teresa Pontara Pederiva, Vatican Insider