A cinque giorni dal primo tweet di Benedetto XVI, il suo account, in otto lingue, @Pontifex, ha superato i due milioni di follower. In un’intervista al Catholic News Service, mons. Paul Tighe, segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, ha esortato sacerdoti, religiosi e laici a “dare un’anima ad internet” e a non rinunciare alla sfida presentata da Twitter. “Non è casuale che Benedetto XVI abbia scelto come suo account Twitter @Pontifex: anche la Rete è un luogo nel quale e a partire dal quale costruire ponti, che uniscano le persone tra loro e a Cristo”. Lo ha affermato questa mattina mons. Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della CEI, intervenendo con una lezione sul “ruolo del presbitero e dell’animatore della cultura e della comunicazione” al corso di formazione teologico-pastorale “Pastori per la comunicazione della fede”, organizzato dalla Pontificia Università Lateranense, dal Vicariato di Roma, dal Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali e dall’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali. “I tweet del Papa - ha detto il direttore dell’Ufficio CEI - sono il modo della sua presenza e della sua vicinanza, le porte alle quali ci si può anche solo affacciare per curiosità, come stanno facendo in tanti”. Ed ancora: “Lo scopo del Papa non è stare al gioco dei social network, ma essere presente con sollecitudine, in un ambiente sempre più importante per un numero sempre maggiore di persone”. Parlando delle critiche rivolte al Papa per questa sua scelta, tra cui il fatto che “la Rete è un ambiente insidioso, a rischio inautenticità”, mons. Pompili ha spiegato che “questa è un’obiezione che accompagna sin dall’inizio la riflessione sui social network, ma che rischia di restare vittima di una doppia ingenuità: non riconoscere che qualunque ambiente di relazione interumana è a rischio inautenticità; e attribuire alla Rete il potere di determinare la qualità del nostro ambiente relazionale, senza considerare che siamo noi, con la nostra libertà e responsabilità, a dare forma all’ambiente, pur dovendo tener conto delle sue caratteristiche”. Anche nell’ambiente digitale, ha aggiunto il direttore dell’Ufficio CEI, “oggi la voce dei cristiani è importante, perché in virtù della loro fede essi sanno insieme essere realisti (cogliere i segni dei tempi al di là delle apparenze più evidenti) e profetici. Lo sguardo della fede ci offre dunque una prospettiva critica (capace di discernimento) e uno sguardo realista non appiattito sul dato di fatto. Il digitale è parte di un’unica realtà”. E la realtà, ha concluso mons. Pompili, “i cristiani lo hanno sempre sostenuto contro ogni riduzionismo, è molteplice e complessa nella sua unità”.
Radio Vaticana, SIR
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