domenica 8 maggio 2011

Il Papa: una città che rinnova costantemente la sua bellezza attingendo dalle sorgenti benefiche dell’arte, del sapere, delle relazioni tra gli uomini

Dopo la traversata del Canal Grande in Gondola, i'incontro con il mondo della cultura e dell'economia nella suggestiva Basilica di Santa Maria della Salute, ultimo grande appuntamento del visita di Benedetto XVI di due giorni ad Aquileia e a Venezia. Sono state tre le parole chiave del discorso del Papa. "Tre parole – ha spiegato - legate a Venezia e, in particolare, al luogo in cui ci troviamo: la prima parola è acqua; la seconda è Salute, la terza è Serenissima". "L'acqua è simbolo ambivalente: di vita, ma anche di morte; lo sanno bene le popolazioni colpite da alluvioni e maremoti. Ma l'acqua - ha detto il Pontefice - è anzitutto elemento essenziale per la vita. Venezia è detta la 'Città d'acqua'. Anche per voi che vivete a Venezia questa condizione ha un duplice segno, negativo e positivo: comporta molti disagi e, al tempo stesso, un fascino straordinario. L'essere Venezia 'città d'acqua' - ha sottolineato Papa Ratzinger - fa pensare a un celebre sociologo contemporaneo, che ha definito 'liquida' la nostra società, e così la cultura europea: una cultura 'liquida', per esprimere la sua 'fluidità', la sua poca stabilità o forse la sua assenza di stabilità, la mutevolezza, l'inconsistenza che a volte sembra caratterizzarla. E qui vorrei inserire la prima proposta - ha proseguito il Papa -: Venezia non come città 'liquida' - nel senso appena accennato - ma come città 'della vita e della bellezza'". "Certo - ha continuato Benedetto XVI - è una scelta ma nella storia bisogna scegliere: l'uomo è libero di interpretare di dare un senso alla realtà e proprio in questa libertà consiste la sua grande dignità".
"Nell'ambito di una città qualunque essa sia - ha spiegato il Pontefice - anche le scelte di carattere amministrativo culturale ed economico dipendono in fondo da questo orientamento fondamentale, che possiamo chiamare 'politico' nell'accezione più nobile e più alta del termine. Si tratta di scegliere tra una città 'liquida', patria di una cultura che appare sempre più quella del relativo e dell'effimero e una citta' che rinnova costantemente la sua bellezza attingendo alle sorgenti benefiche dell'arte, del sapere, delle relazioni tra gli uomini e tra i popoli". La seconda parola, 'salute'. "La salute è una realtà onnicomprensiva, integrale: va dallo stare bene che ci permette di vivere serenamente una giornata di studio e di lavoro, o di vacanza, fino alla 'salus animae', da cui dipende il nostro destino eterno". "Dio - ha spiegato il Papa - si prende cura di tutto l'uomo, senza escludere nulla. Si prende cura della nostra salute in senso pieno. Lo dimostra Gesù che ha guarito malati di ogni genere, ma ha anche liberato gli indemoniati, ha rimesso i peccati, ha risuscitato i morti". La fede, ha aggiunto, "guarisce dalla durezza di cuore, dalla chiusura egocentrica e gli fa gustare la possibilità di trovare veramente se stesso perdendosi per amore di Dio e del prossimo". Infatti, "gloria di Dio è la piena salute dell'uomo, e questa consiste nello stare in relazione profonda con Dio". "Possiamo dirlo - ha concluso Papa Ratzinger - anche con i termini cari al neo-beato Giovanni Paolo II: l'uomo è la via della Chiesa, e il Redentore dell'uomo è Cristo". Infine, "Serenissima", il nome della Repubblica Veneta. "Un titolo – ha detto il Santo Padre - davvero stupendo, si direbbe utopico, rispetto alla realtà terrena, e tuttavia capace di suscitare non solo memorie di glorie passate, ma anche ideali trainanti nella progettazione dell’oggi e del domani, in questa grande regione".
"Serenissima" in senso pieno è "solamente la Città celeste", eppure "il Cristianesimo concepisce questa Città santa, completamente trasfigurata dalla gloria di Dio, come una meta che muove i cuori degli uomini e spinge i loro passi, che anima l’impegno faticoso e paziente per migliorare la città terrena". Rilegge il Concilio Vaticano II Benedetto XVI: l'attesa di una terra nuova non deve indebolire, ma stimolare il lavoro nella terra presente. "Noi ascoltiamo queste espressioni in un tempo nel quale si è esaurita la forza delle utopie ideologiche e non solo l'ottimismo ma anche la speranza è in crisi. Non dobbiamo allora dimenticare che i Padri conciliari, che ci hanno lasciato questo insegnamento - ha ricordato il Papa - avevano vissuto l'epoca delle due guerre mondiali e dei totalitarismi". "La loro prospettiva - ha sottolineato il Pontefice - non era certo dettata da un facile ottimismo ma dalla fede cristiana che anima la speranza al tempo stesso grande e paziente aperta sul futuro e attenta alle situazioni storiche". "In questa stessa prospettiva il nome 'Serenissima' ci parla di una civiltà della pace, fondata sul mutuo rispetto, sulla reciproca conoscenza, sulle relazioni di amicizia - ha spiegato Benedetto XVI - Venezia ha una lunga storia e un ricco patrimonio umano, spirituale artistico per essere capace anche oggi di offrire un prezioso contributo nell'aiutare gli uomini a credere in un futuro migliore e a impegnarsi a costruirlo". Ma per questo "non deve avere paura di un altro elemento emblematico, contenuto nello stemma di San Marco: il Vangelo. Il Vangelo è la più grande forza di trasformazione del mondo, ma non è un’utopia, né un’ideologia". Benedetto XVI ha concluso il suo intervento ringraziando il patriarca di Venezia, salutando la Comunità ebraica di Venezia e rivolgendo un pensiero anche ai musulmani che vivono in questa città.

SIR, TMNews, Adnkronos

VISITA PASTORALE AD AQUILEIA E VENEZIA (7-8 MAGGIO 2011) - VI - il testo integrale del discorso del Papa