Cinque anni dopo l'Agorà dei giovani italiani che portò sulla spianata di Montorso oltre mezzo milione di ragazzi di tutta Italia, Benedetto XVI torna a Loreto il prossimo 4 ottobre. La data è stata scelta perchè ricorreranno quel giorno 50 anni esatti dallo storico pellegrinaggio di Giovanni XXIII che lasciò il Vaticano in treno per recarsi in Umbria ad Assisi e nella città mariana delle Marche. La notizia era attesa e ieri è stato l'arcivescovo prelato di Loreto, Giovanni Tonucci (nella foto con Benedetto XVI), a comunicarla ai fedeli nel corso della celebrazione vespertina nel Santuario. L'annuncio della visita con relativo programma è stato reso noto ieri nel corso della Santa Messa espressamente dedicata al Pontefice nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo e presieduta dallo stesso arcivescovo nella Basilica Lauretana. "Questa decisione di Benedetto XVI ci riempia di gioia e di orgoglio - ha detto l'arcivescovo Tonucci durante l'omelia di ieri - faremo di tutto perchè il Papa possa sentire il calore della nostra accoglienza, in questa città-santuario che è a lui particolarmente cara. Questa predilezione del Papa ci impegna a vivere questa visita come un'occasione di approfondimento e di rinnovamento spirituale, a cui fin da ora esorto tutti i carissimi fratelli e sorelle della prelatura di Loreto. Il programma dettagliato previsto per il 4 ottobre verrà reso noto tra qualche tempo, nel frattempo si sa che il Papa ha espresso l'intenzione di celebrare una Messa in Basilica". "Così come Papa Roncalli venne per affidare alla Madonna il Concilio che si sarebbe aperto da li' a poco - ha spiegato su Avvenire l'arcivescovo Tonucci - così Papa Benedetto XVI verrà per affidare all'intercessione della Vergine Maria i lavori del Sinodo dei vescovi e l'Anno della fede". Il quotidiano della CEI riporta oggi in proposito le parole di Giovanni XXIII pronunciate a Loreto: "O Maria, o Maria, Madre di Gesù e Madre nostra! Qui siamo venuti stamane per invocarvi come prima stella del Concilio, che sta per avviarsi; come luce propizia del nostro cammino, che si volge fiducioso verso la grande assise ecumenica che è universale aspettazione". Nel discorso ufficiale di apertura del Concilio Vaticano II poi il Papa ricordò così il suo pellegrinaggio lauretano: "O Maria, Auxilium Christianorum, Auxilium Episcoporum, della cui predilezione abbiamo avuto nuova prova nel tuo tempio di Loreto, ove rimeditammo il mistero dell'Incarnazione, volgi ogni cosa a esito felice e propizio". Agi
Il Papa a Loreto. Mons. Tonucci: nei momenti importanti la Chiesa si rivolge a Maria














Si potrebbe pensare anche “a un altro parallelismo oppositivo, sempre sul tema della fratellanza: mentre, cioè, la prima coppia biblica di fratelli ci mostra l’effetto del peccato, per cui Caino uccide Abele, Pietro e Paolo, benché assai differenti umanamente l’uno dall’altro e malgrado nel loro rapporto non siano mancati conflitti, hanno realizzato un modo nuovo di essere fratelli, vissuto secondo il Vangelo, un modo autentico reso possibile proprio dalla grazia del Vangelo di Cristo operante in loro”. In effetti, “solo la sequela di Gesù conduce alla nuova fraternità: ecco il primo fondamentale messaggio che la solennità odierna consegna a ciascuno di noi, e la cui importanza si riflette anche sulla ricerca di quella piena comunione, cui anelano il patriarca ecumenico e il vescovo di Roma, come pure tutti i cristiani”. Soffermandosi poi sul Vangelo di oggi, Benedetto XVI si è domandato: "In che modo Pietro è la roccia? Come egli deve attuare questa prerogativa, che naturalmente non ha ricevuto per se stesso?". Pietro "riconosce l'identità di Gesù", non "'dalla carne e dal sangue', cioè dalle sue capacità umane, ma da una particolare rivelazione di Dio Padre". Allo stesso tempo, "subito dopo, quando Gesù preannuncia la sua passione, morte e risurrezione, Simon Pietro reagisce proprio a partire da 'carne e sangue': egli 'si mise a rimproverare il Signore:...questo non ti accadrà mai'. E Gesù a sua volta replicò: 'Va' dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo...'". “Appare qui evidente la tensione che esiste tra il dono che proviene dal Signore e le capacità umane; e in questa scena tra Gesù e Simon Pietro vediamo in qualche modo anticipato il dramma della storia dello stesso papato, caratterizzata proprio dalla compresenza di questi due elementi: da una parte, grazie alla luce e alla forza che vengono dall'alto, il papato costituisce il fondamento della Chiesa pellegrina nel tempo; dall'altra, lungo i secoli emerge anche la debolezza degli uomini, che solo l'apertura all'azione di Dio può trasformare".
"E nel Vangelo di oggi - ha proseguito Benedetto XVI - emerge con forza la chiara promessa di Gesù: 'le porte degli inferi', cioè le forze del male, non potranno avere il sopravvento, 'non prevalebunt'". Ha così richiamato “la chiara promessa” di Gesù: “le porte degli inferi, cioè le forze del male non potranno avere il sopravvento”. Quella di Gesù, ha spiegato il Papa, è una promessa più grande di quelle fatte agli antichi profeti: “Questi, infatti, erano minacciati solo dai nemici umani, mentre Pietro” dovrà essere difeso “dal potere distruttivo del male”. “Pietro viene rassicurato riguardo al futuro della Chiesa, della nuova comunità fondata da Gesù Cristo e che si estende a tutti i tempi, al di là dell’esistenza personale di Pietro stesso”. E' venuta poi la spiegazione del "potere delle chiavi", di "legare e sciogliere": "Le due immagini - quella delle chiavi e quella del legare e sciogliere - esprimono pertanto significati simili e si rafforzano a vicenda. L'espressione 'legare e sciogliere' fa parte del linguaggio rabbinico e allude da un lato alle decisioni dottrinali, dall'altro al potere disciplinare, cioè alla facoltà di infliggere e di togliere la scomunica. Il parallelismo 'sulla terra... nei cieli' garantisce che le decisioni di Pietro nell'esercizio di questa sua funzione ecclesiale hanno valore anche davanti a Dio". "Alla luce di questi parallelismi - ha proseguito -, appare chiaramente che l'autorità di sciogliere e di legare consiste nel potere di rimettere i peccati. E questa grazia, che toglie energia alle forze del caos e del male, è nel cuore del ministero della Chiesa. La Chiesa non è una comunità di perfetti, ma di peccatori che si debbono riconoscere bisognosi dell'amore di Dio, bisognosi di essere purificati attraverso la Croce di Gesù Cristo.
"I detti di Gesù sull'autorità di Pietro e degli Apostoli lasciano trasparire proprio che il potere di Dio è l'amore, l'amore che irradia la sua luce dal Calvario. Così possiamo anche comprendere perché, nel racconto evangelico, alla confessione di fede di Pietro fa seguito immediatamente il primo annuncio della passione: in effetti, Gesù con la sua morte ha vinto le potenze degli inferi, nel suo sangue ha riversato sul mondo un fiume immenso di misericordia, che irriga con le sue acque risanatrici l'umanità intera". Volgendosi poi alla figura dell'Apostolo Paolo, Benedetto XVI ha ricordato che "la tradizione iconografica raffigura san Paolo con la spada, e noi sappiamo che questa rappresenta lo strumento con cui egli fu ucciso. Leggendo, però, gli scritti dell'Apostolo delle genti, scopriamo che l'immagine della spada si riferisce a tutta la sua missione di evangelizzatore". "Sentendo avvicinarsi la morte, scrive a Timoteo: 'Ho combattuto la buona battaglia'. Non certo la battaglia di un condottiero, ma quella di un annunciatore della Parola di Dio, fedele a Cristo e alla sua Chiesa, a cui ha dato tutto se stesso. E proprio per questo il Signore gli ha donato la corona di gloria e lo ha posto, insieme con Pietro, quale colonna nell'edificio spirituale della Chiesa". Il Papa ha concluso la sua omelia con un appello alla comunione: "Cari metropoliti: il Pallio che vi ho conferito vi ricorderà sempre che siete stati costituiti nel e per il grande mistero di comunione che è la Chiesa, edificio spirituale costruito su Cristo pietra angolare e, nella sua dimensione terrena e storica, sulla roccia di Pietro. Animati da questa certezza, sentiamoci tutti insieme cooperatori della verità, la quale – sappiamo – è una e 'sinfonica' e richiede da ciascuno di noi e dalle nostre comunità l’impegno costante della conversione all’unico Signore nella grazia dell’unico Spirito”, ha concluso Benedetto XVI.










